Purtroppo l’argomento sulla presenza di ordigni esplosivi residuati bellici in Italia non è più tenuto, da molti, nella giusta considerazione, quindi spesso si sorvola sui non pochi rischi che corrono gli operatori che intervengono in fasi successive, nell’ esecuzione di tutte le operazioni di competenza necessarie per eliminare il potenziale pericolo (localizzazione, scoprimento, rimozione, distruzione e/o inertizzazione), ai fini della sicurezza delle persone e delle cose. Mi riferisco in particolare a ciò che avviene dopo che un ordigno esplosivo è stato localizzato e portato allo scoperto. Considerati i tempi lunghissimi che ora intercorrono tra il momento dello scoprimento e l’intervento degli Artificieri (mi risulta settimane e a volte, anche mesi), mi chiedo come viene custodito il reperto in questo lasso di tempo e quali precauzioni vengono adottate per evitare in ogni modo che persone non autorizzate possano avvicinarsi ai reperti, toccarli, manipolarli, farli malauguratamente esplodere e al limite asportarli per altri scopi non prevedibili. Dico questo perché non mi è chiaro a chi venga dato ufficialmente, in consegna fiduciaria con compito di custodia e vigilanza, il reperto scoperto e messo in superficie. Mi pare assurdo pensare che i componenti delle Forze dell’Ordine possano piantonare i reperti ininterrottamente (H24), per tutto il tempo intercorrente tra lo scoprimento e l’intervento risolutore. Si dirà: allora una volta come ci si comportava? La risposta scaturisce spontaneamente e senza tentennamenti: Una telefonata del Comandante della più vicina Stazione Carabinieri, seguita da un messaggio priorità, metteva in moto l’organizzazione permanente e faceva intervenire “sul tamburo” (in tempi molto brevi), il personale specializzato della Sezione B.C.M. presente e radicato da anni nel Territorio di competenza, che agiva per “compito istituzionale” e quindi autonomamente (riferendo poi i risultati sulla linea gerarchica), evitando così inutili perdite di tempo per attendere ed ottenere ogni volta inderogabili superiori autorizzazioni ora necessarie per fornire (se possibile), quello che viene definito “concorso delle Forze Armate” mi pare “a titolo oneroso”. Nel caso di operazioni che richiedevano l’adozione di particolari misure di sicurezza (sgombero dalle aree interessate di persone e animali, realizzazione della blinda, interdizione al traffico terrestre, marino, aereo sull’area interessata (l’attuale “danger zone”), ecc., era l’Organizzazione militare che, di comune accordo e in perfetta sintonia con l’Autorità Prefettizia, le dettava per l’applicazione tenuto conto delle caratteristiche dei luoghi e l’ubicazione degli immobili. Concludo questa parte ricca di ricordi auspicando che le Superiori Autorità militari riesaminino il problema dell’Organizzazione, anche disponendo che ai Reggimenti del Genio venga, a ciascuno, assegnato in modo permanente, un territorio nel quale far intervenire autonomamente e nel più breve tempo possibile i propri specializzati, su semplice formale richiesta delle Autorità di Pubblica Sicurezza, delegando al Comandante del Reggimento i necessari compiti di controllo e di autorizzazione. E ovvio che l’esito di ogni intervento dovrebbe sempre essere riferito a Geniodife tramite la esistente gerarchica catena di comando. Questa, senza pretese, umilmente, vuole essere una proposta che potrebbe trovare spazio nel caso in cui si trovi un interlocutore ben disposto verso il Servizio B.C.M. e che ne voglia parlare con persone che sono alla guida di Imprese storiche che hanno fatto nascere l’attività in tempi in cui era necessario agire e sacrificarsi. Si potrebbero così modificare in meglio alcune disposizioni in modo d’ottenere più fluidità nella specifica complessa attività.
Molti cordiali saluti.