di Mariella Gugole
Tre cunicoli, risalenti probabilmente alla Grande Guerra (circa cento anni fa) e che non si sa ancora cosa contengano e che funzione abbiano avuto, sono stati scoperti a Vestenavecchia sotto il piano stradale dove la Provincia, due mesi fa, ha aperto il cantiere per il ripristino della carreggiata, semidistrutta dall’enorme frana staccatasi dal colle di S. Antonio il 23 novembre 2012.
L’ipotesi più attendibile è che la strada possa essere stata minata nell’ultima fase della guerra, in un tratto che rappresentava le retrovie italiane: i tre tombini sono lì a pochi metri uno dall’altro. Saranno anche comunicanti? Improbabile però che, alla fine del primo conflitto mondiale, il Genio militare abbia lasciato una «santabarbara» nelle viscere del colle, sotto una strada di collegamento importante.
Sta di fatto, che per la seconda volta in poche settimane, la Provincia è stata costretta a bloccare i lavori sulla provinciale 36 della Collina, questa volta per motivi di sicurezza, in attesa di un sopralluogo da parte di personale specializzato dell’Esercito, ipotizzando che sul fondo dei cunicoli, sotto l’acqua, ci possa essere materiale esplosivo. Solo gli artificieri potranno verificare se vi siano ancora residuati bellici nei cunicoli. Il cantiere è comunque bloccato, da martedì 3 giugno, per tutelare la sicurezza delle maestranze.
«Questa non ci voleva», sbotta Edo Dalla Verde, neoletto sindaco di Vestenanova, «siamo di nuovo fermi. Appena scoperti i tombini, la Provincia ha fatto subito denuncia ai carabinieri, i quali hanno allertato la Prefettura. Io stesso ho parlato personalmente con il prefetto Perla Stancari che ha avvisato il Comando forze di difesa interregionale Nord di Padova affinché intervenga con urgenza. Il prefetto», prosegue Dalla Verde, «conosce bene la storia di questa strada e ha a cuore la situazione di precarietà che la popolazione di Vestenavecchia sta vivendo da troppo tempo. Or mai auguro che si faccia questo sopralluogo in tempi rapidissimi e non si perda altro tempo».
Continua a far parlare di sé la frana di S. Antonio, questa volta con un alone di mistero, da quando la scorsa settimana, durante gli scavi per posizionare travi prefabbricate e gettare una soletta sopra la parte franata, gli operai si sono imbattuti in questi strani tombini che danno accesso a cunicoli stretti e profondi, la cui natura non è ancora stata ufficialmente dichiarata.
Basta vestirla di segretezza perché una notizia si diffonda a macchia d’olio. Un tam-tam inarrestabile, il ritrovamento dei «pozzi» militari, rimbalzato di casa in casa insieme a ipotesi più o meno verosimili. In un primo momento si è parlato di «Gladio», l’organizzazione paramilitare segreta voluta dalla Nato durante la guerra fredda, e quindi di un ipotetico deposito «Nasco», cioè uno di quei nascondigli di armi e di esplosivi dei quali avrebbe potuto disporre l’organizzazione. Nel vestenese risalirebbe al 1980, secondo alcuni bene informati, lo smantellamento di un deposito di «Gladio», individuato a Bolca durante dei lavori stradali. Ma la vicenda non venne mai divulgata e nessuno oggi è in grando di confermarla ufficialmente.
L’ipotesi-Gladio, intervistati alcuni anziani del paese, è però subito caduta, per lasciare posto a quella, ben più plausibile, di una polveriera sì, ma risalente alla prima guerra mondiale. Preziose a tal proposito le testimonianze di Severino Panato e di Arsenio Panato, di Vestenavecchia, che rammentano i discorsi colti durante l’infanzia, di questa «santabarbara» pronta ad esplodere sulla strada costruita dal Genio militare.
L’ipotesi più attendibile è che la strada possa essere stata minata nell’ultima fase della guerra, in un tratto che rappresentava le retrovie italiane: i tre tombini sono lì a pochi metri uno dall’altro. Saranno anche comunicanti? Improbabile però che, alla fine del primo conflitto mondiale, il Genio militare abbia lasciato una «santabarbara» nelle viscere del colle, sotto una strada di collegamento importante.
Sta di fatto, che per la seconda volta in poche settimane, la Provincia è stata costretta a bloccare i lavori sulla provinciale 36 della Collina, questa volta per motivi di sicurezza, in attesa di un sopralluogo da parte di personale specializzato dell’Esercito, ipotizzando che sul fondo dei cunicoli, sotto l’acqua, ci possa essere materiale esplosivo. Solo gli artificieri potranno verificare se vi siano ancora residuati bellici nei cunicoli. Il cantiere è comunque bloccato, da martedì 3 giugno, per tutelare la sicurezza delle maestranze.
«Questa non ci voleva», sbotta Edo Dalla Verde, neoletto sindaco di Vestenanova, «siamo di nuovo fermi. Appena scoperti i tombini, la Provincia ha fatto subito denuncia ai carabinieri, i quali hanno allertato la Prefettura. Io stesso ho parlato personalmente con il prefetto Perla Stancari che ha avvisato il Comando forze di difesa interregionale Nord di Padova affinché intervenga con urgenza. Il prefetto», prosegue Dalla Verde, «conosce bene la storia di questa strada e ha a cuore la situazione di precarietà che la popolazione di Vestenavecchia sta vivendo da troppo tempo. Or mai auguro che si faccia questo sopralluogo in tempi rapidissimi e non si perda altro tempo».
Continua a far parlare di sé la frana di S. Antonio, questa volta con un alone di mistero, da quando la scorsa settimana, durante gli scavi per posizionare travi prefabbricate e gettare una soletta sopra la parte franata, gli operai si sono imbattuti in questi strani tombini che danno accesso a cunicoli stretti e profondi, la cui natura non è ancora stata ufficialmente dichiarata.
Basta vestirla di segretezza perché una notizia si diffonda a macchia d’olio. Un tam-tam inarrestabile, il ritrovamento dei «pozzi» militari, rimbalzato di casa in casa insieme a ipotesi più o meno verosimili. In un primo momento si è parlato di «Gladio», l’organizzazione paramilitare segreta voluta dalla Nato durante la guerra fredda, e quindi di un ipotetico deposito «Nasco», cioè uno di quei nascondigli di armi e di esplosivi dei quali avrebbe potuto disporre l’organizzazione. Nel vestenese risalirebbe al 1980, secondo alcuni bene informati, lo smantellamento di un deposito di «Gladio», individuato a Bolca durante dei lavori stradali. Ma la vicenda non venne mai divulgata e nessuno oggi è in grando di confermarla ufficialmente.
L’ipotesi-Gladio, intervistati alcuni anziani del paese, è però subito caduta, per lasciare posto a quella, ben più plausibile, di una polveriera sì, ma risalente alla prima guerra mondiale. Preziose a tal proposito le testimonianze di Severino Panato e di Arsenio Panato, di Vestenavecchia, che rammentano i discorsi colti durante l’infanzia, di questa «santabarbara» pronta ad esplodere sulla strada costruita dal Genio militare.
Foto tratta da http://www.larena.it |
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