Già l’accostamento tra “bambino” e “soldato” provoca orrore: ma sapere che attualmente, nel mondo, sono costretti a combattere circa 300.000 minori fa salire lo sdegno al livelli da calor bianco. Qualcuno prova a reagire, come le due ong Dokita e Anvcg (Associazione nazionale vittime civili di guerra), che hanno messo in piedi un progetto-pilota di recupero dei piccoli ex combattenti, a Makeni in Sierra Leone grazie alla presenza della locale Caritas, che ha fornito il supporto logistico. I risultati del progetto sono stati presentati oggi al Senato: recuperati a una vita “normale” 150 ex bambini soldato, sostegno concreto attraverso attività di formazione e supporto alla formazione agricola per circa 1.000 persone suddivise in 50 clan famigliari, il 66% dei tutelati hanno un lavoro stabile, distribuite 100 protesi. Questi in sintesi i dati, introdotti dal benvenuto della vicepresidente del Senato, Linda Lanzillotta, e dalle sue considerazioni del fenomeno. “I bambini sono ‘utili’ alla guerra degli adulti -ha detto-. Possono usare le armi di oggi, sempre più leggere; essere indottrinati; obbediscono agli ordini; non vengono pagati. Sono innocenti, e privati di vivere questa loro innocenza, che sarà per sempre perduta”.
Per far capire meglio la profondità della violenza che viene fatta a quei bambini, uno dei curatori del rapporto Dokita (parola in lingua Bulu che significa ‘guaritore’), Lorenzo Rinelli, porta la testimonianza di una di loro, Susan, 16 anni, rapita dal Lord’s Resistance Army, in Uganda. “Un ragazzo tentò di scappare, ma fu preso…Le sue mani furono legate, poi essi costrinsero noi, i nuovi prigionieri, a ucciderlo a bastonate. Io mi sentivo male. Conoscevo quel ragazzo da prima, eravamo dello stesso villaggio. Io mi rifiutavo di ucciderlo ma mi dissero che mi avrebbero sparato. Puntarono un fucile contro di me così lo feci. Il ragazzo mi chiedeva perché lo facevo, risposi che non avevo scelta. Dopo averlo ucciso, ci fecero bagnare le braccia col suo sangue. Ci dissero che così non avremmo avuto più paura della morte e non avremmo più tentato di scappare…Io sogno ancora il ragazzo del mio villaggio che ho ucciso, lo vedo nei miei sogni, egli mi parla e mi dice che l’ho ucciso per niente…..e io grido”. Tutto ciò accade malgrado l’esistenza del protocollo Onu che definisce l’uso dei bambini soldato un crimine di guerra: “protocollo -osserva sempre Lanzillotta- firmato solo da 153 paesi”. Il fenomeno, aggiunge Jean Leonard Touadì, consigliere politico del viceministro agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale Lapo Pistelli e originario del Congo, è “particolarmente odioso, ma ancora di più è il maggior sconvolgimento sociale e culturale che l’Africa abbia conosciuto negli ultimi decenni. Ha toccato il cuore profondo della società africana, distrutto comunità intere”.
Il progetto in Sierra Leone prosegue, assicura il direttore di Dokita, Mario Grieco, che ha presentato i risultati ottenuti fino a oggi, “ma abbiamo in mente di farne partire un altro in Congo. Fondi permettendo”, chiosa. Fonte: http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2015/02/12/sono-bambini-soldato-nel-mondo-progetto-pilota-sierra-leone-tenta-salvarne-una-parte_MA9aC6y6bZp3LjrjtRXiUN.html
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