Esercito Italiano–Marina Militare
Ing. Mario Stigliano complimenti per il suo lavoro editoriale: Rischio Bellico nei Cantieri vuole raccontarci le ragioni per cui ha deciso di mettere nero su bianco questo argomento?
Grazie per aver deciso di intervistarmi e soprattutto per l’importante lavoro di sensibilizzazione svolto da ANVCG (Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra). Lavoro ogni giorno in cantieri di grandi dimensioni in cui le attività di scavo nelle fasi iniziali espongono i lavoratori ad un rischio nascosto e troppo trascurato, quello degli ordigni inesplosi. Dopo oltre 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale il problema degli ordigni bellici è quasi stato dimenticato dalla popolazione e soprattutto le nuove generazioni non lo percepiscono, eppure in Italia ogni giorno vengono rinvenuti almeno 3 ordigni bellici. Sono un pericolo nascosto presente ovunque dai cantieri, ai parchi, alle spiagge, ai sentieri di montagna. Quando parliamo di cantieri la prevenzione è l’aspetto fondamentale per salvaguardare la vita dei lavoratori e tra queste rientra la corretta gestione del rischio bellico. Ho deciso di scrivere questo libro per due aspetti, far capire l’entità del rischio bellico in Italia e far chiarezza sull’impianto normativo che può portare a volte in un po’ di confusione a causa di differenti Leggi, interpelli, e precisazioni.
Quanto e come incide il rischio bellico nei cantieri e come si regolano le committenti per tutelare i lavoranti da codesto problema?
Ad oggi molti Committenti non hanno la percezione del rischio bellico ed è un tema che a volte preferiscono evitare pensando di poter risparmiare o ridurre i tempi di esecuzione. Chi lavora nei cantieri ha due grandi paure che tende a nascondere a sé stesso e agli altri: imbattersi in un reperto bellico o in un reperto archeologico. In entrambi i casi bisogna sospendere il cantiere e prevedere degli interventi non programmati. Come ha affermato Paolo Campanardi nella prefazione del libro: basta pronunciare la parola “bomba” per far saltare in aria progetti che non avevano previsto questa tipologia di “contrattempo”. Personalmente faccio molta informazione verso i Committenti per far capire il pericolo dei residuati bellici e che la vita dei lavoratori del cantiere è al primo posto. Senza trascurare l’impatto che potrebbe avere un’esplosione sulla popolazione circostante. Come dicevo prima la percezione di tale rischio è molto bassa e spesso viene vista come un costo e non un valore aggiunto per la sicurezza. La sensibilità è più spiccata nei grandi progetti, mentre in quelli più piccoli si tende a trascurarla. Non c’è nessuna parte dell’Italia che può essere esclusa da tale rischio e lo dimostrano anche i rinvenimenti occasionali in aree fortemente urbanizzate vedi la bomba d’aereo di Brindisi rinvenuta nel 2019, i numerosi ordigni rinvenuti a Torino in pieno centro negli ultimi anni su strade percorse tutti i giorni da migliaia di persone o ai colpi di artiglieria al fosforo rinvenuti a Miramare nel 2021 per allacciare un’abitazione alla rete fognaria. L’approccio che consiglio sempre è quello previsto dalla normativa partendo da una valutazione del rischio bellico per poi effettuare ove necessario la bonifica bellica. E’ fondamentale ricordare che l’unico caso in cui il rischio bellico è nullo – e vi è un’attestazione – è solo quando viene effettuata la bonifica sistematica terrestre.
Qual è il metodo di lavoro che adottate?
Nel libro ho voluto condividere il Metodo VOB che ho sviluppato in anni di attività per approcciarsi al rischio bellico in modalità ingegneristica. L’analisi operativa del rischio è un metodo per giungere alla valutazione del rischio e per individuare le misure per gestirlo e ridurlo a livelli accettabili. Il Metodo VOB prevede uno studio che considera diversi aspetti dall’analisi storiografica, all’analisi fotogrammetrica, al contesto del cantiere, alla tipologia di scavi, alla geologia del terreno e al tipo di attività bellica svolta nell’area. E’ un lavoro molto complesso e delicato perché la finalità è quella di tutelare la vita dei lavoratori e non è così semplice e immediato perché gli elementi che vanno a costituire la probabilità di rinvenimento e il danno a seguito di un’eventuale detonazione sono molteplici. Lavorando in una fase iniziale del progetto, a volte anche anni prima che inizi il cantiere, effettuiamo indagini strumentali magnetometriche propedeutiche per capire il livello di presenza di anomalie ferromagnetiche nel terreno. Servono ad affinare il valore della probabilità di rinvenimento di ordigni bellici inesplosi. Infine, utilizzo i valori del rischio per determinare gli interventi di mitigazione necessari per ridurre il rischio secondo il criterio ALARP (As Low As Reasonably Practicable) per l’esecuzione delle attività in sicurezza per gli operatori e per la popolazione.
Vuole spiegarci se e come collabora con la sfera del settore BCM?
Come indica la normativa facciamo due lavori differenti, io mi occupo della valutazione del rischio come primo step e loro successivamente della bonifica sistematica terrestre. Lavorando in una fase di progettazione, quindi prima dell’avvio del cantiere, con le imprese qualificate BCM c’è un rapporto all’apertura del cantiere per condividere le scelte di mitigazione del rischio e le aree da bonificare. Per alcune aziende li supporto nelle attività di VRB.
Secondo lei in Italia questo argomento è sottovalutato dai media nazionali?
In Italia il rischio bellico e la sicurezza sul lavoro sono dei temi molto sottovalutati dai media nazionali. E’ brutto dirlo, ma sono due temi che fanno notizia solo quando vengono evacuate intere città per il disinnesco degli ordigni o quando ci sono molti morti. Per capire l’entità del problema basta sfogliare la stampa locale e vedere la triste realtà: vengono rinvenuti dai 3 ai 5 ordigni al giorno tra rinvenimenti occasionali e attività di bonifica. Questa poca comunicazione a livello nazionale porta a sottovalutare la presenza di ordigni bellici in tutto il territorio perché non si conosce il problema e il pericolo. Poi ci troviamo con persone o lavoratori che si imbattono in ordigni e rischiano la vita spostandoli o portandoli a casa ignari della pericolosità.
Ing. Vuole mandare un messaggio a chi non è del settore come si dovrebbe comportare al cospetto di un probabile residuato bellico?
Gli ordigni bellici sono stati costruiti per uccidere, questa è la prima cosa che dobbiamo ricordare sempre. Quando ci imbattiamo in qualcosa che ci sembra un ordigno o abbiamo qualsiasi dubbio su cosa possa essere la prima regola è di non toccarli assolutamente, basta un minimo movimento e boom! Dobbiamo allontanarci, chiamare il 112 e presidiare l’area fino all’arrivo degli artificieri che si occuperanno della rimozione in sicurezza. In alcune zone del nord Italia ci sono ancora ordigni inesplosi del 1914, ovvero della Prima Guerra Mondiale, molti pensano che dopo 110 anni abbiano perso la loro pericolosità ed è proprio qui che sbagliano. Dopo tanti anni nel terreno gli ordigni sono ancora più pericolosi ed instabili. Attenzione sono costruiti per uccidere, non toccateli mai e non portateli a casa!