La notizia o piuttosto l’allarme è lanciato direttamente dalle Nazioni Unite. Decine e decine di residenti rientrano presso le proprie case, Ramadi è ormai libera da tempo, l’Esercito iracheno nel dicembre 2015 sconfigge il nemico. Tuttavia continuano ad esplodere trappole e mine, tutte targate Daesh Takfiri, organizzazione terroristica jihadista legata ai gruppi Isis. Lise Grande, Segretario Generale e rappresentate ONU in Iraq, annuncia che a far data dal mese di febbraio, ordigni improvvisati, mine, hanno già ucciso 49 civili, invalidandone 79. Sempre Lei dichiara che la bonifica in città non è completata, i residenti non dovrebbero aver fretta di rientrare in città in quanto non sicura a causa dei numerosi Uxo presenti ovunque. Lise Grande, responsabile della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite per l’Iraq (UNAMI), nonché coordinatrice dell’assistenza umanitaria, allerta il Governo di non sottovalutare in nome di una rapida ricostruzione il problema dei residuati inesplosi, ma d’incrementare i lavori di sminamento attraverso le stesse Nazioni Unite che potrebbero formare in Iraq, nuovi démineur. Non solo, la coordinatrice ONU ha chiesto aiuto a più aziende straniere addette alla bonifica bellica. Ramadi è una polveriera a cielo aperto, ma anche le abitazioni risultano minate da trappole esplosive (vedi Palmyra). Mine, per strada, ma anche in casa, tra tappeti, porte esterne o interne. Trappole esplosive collegate alla rete elettrica, ordigni nascosti nei campi di periferia tra legna, arbusti. Ma anche in superficie e ben visibili, lattine colorate che uccidono, invalidano. Ordigni nascosti tra pezzi di ferro da raccogliere vendere o morire.
Giovanni Lafirenze