di Laura Blasich
SAN CANZIAN D’ISONZO. Il 18 gennaio 1945, verso mezzogiorno, aerei delle forze alleate attaccarono il ponte ferroviario sull’Isonzo, a Pieris, nel tentativo di ostacolare la ritirata nazista nell’ultimo anno di guerra. Fu un bombardamento a tappeto: i 33 bombardieri leggeri Marauder della Saaf (South african air force) partiti dalla base alleata di Jesi, e la cui missione durò in tutto due ore e mezza, sganciarono in tutto 137 bombe da mille libbre ciascuna. Nonostante la loro quantità, gli ordigni lasciarono pressoché illeso il ponte, ma causarono la morte di 12 operai, dipendenti di un’impresa italiana che lavorava per la Todt proprio alla riparazione dell’importante collegamento ferroviario. A essere colpito in pieno non fu appunto il ponte, ma il rifugio in cui avevano cercato riparo. «Spesso l’allarme suonava in ritardo, perché bisognava telefonare al municipio di Pieris dove le sirene venivano azionate, e in alcuni casi per nulla», ha ricordato ieri Vittorio Spanghero, autore di una ricerca storica sulla vicenda. Spanghero ha illustrato l’episodio ai ragazzi delle terze delle medie di Pieris e Fiumicello, nel corso della cerimonia di commemorazione delle vittime civili organizzata dalle amministrazioni comunali di Turriaco, San Canzian d’Isonzo e di Fiumicello, in collaborazione con il Circolo culturale e ricreativo don Eugenio Brandl, Anpi e istituti comprensivi di Pieris e Fiumicello. A Spanghero è spettato anche il compito di leggere i nomi dei caduti, dopo l’introduzione del sindaco di Turriaco Enrico Bullian, affiancato dal sindaco di Fiumicello Ennio Scridel e dall’assessore di San Canzian, Sergio Cosolo, e dopo la benedizione impartita dal parroco don Enzo Fabrissin. Una copia del lavoro di Spanghero è stata consegnata dal Circolo Brandl ai rappresentanti dei due istituti comprensivi. «I piloti delle forze aeree anglosassoni si sono rivelati sempre più imprecisi di quelli americani», spiega dal canto suo l’architetto udinese Sacha Fornaciari, che ha individuato i responsabili del bombardamento, recuperando i piani di volo negli archivi londinesi, il numero di aerei coinvolti, i siti in cui finirono gli ordigni. «Per il mio impegno prefessionale mi occupo della valutazione tecnica dei rischi connessi alla presenza di ordigni inesplosi – dice -, affiancandovi una passione per la storia». L’obiettivo era tra quelli ritenuti fondamentali dagli alleati e non a caso era stato un bersaglio delle bombe già due volte e lo sarà altre due prima della fine del conflitto, senza mai essere abbattuto. «L’attacco del 18 gennaio 1945 è però l’unico ad aver provocato vittime», osserva l’architetto Fornaciari, che non esclude ci possano essere ancora ordigni inesplosi nascosti nel greto del fiume. «Se si dovesse realizzare un’attività di sghiaiamento – conclude -, si dovrebbe senz’altro effettuare una bonifica preventiva, com’è accaduto più volte nel Tagliamento, perché circa il 10% delle bombe sganciate non esplodeva. Subito dopo la seconda guerra, comunque, l’attività di bonifica è stata importante». Fonte: http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/01/18/news/quelle-137-bombe-sganciate-sul-ponte-ferroviario-di-pieris-1.10694771
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