Abdul Ghani è in giro a bordo della sua moto tra le strade di Nasirabad, in Pakistan. È un ragazzo? Un adulto ? Le fonti, anzi la fonte, a dire il vero, le tre righe dedicate al suo dramma non oltrepassano la soglia dei dati di cronaca: “una moto con a bordo un residente pressa una mina che esplodendo distrugge il mezzo e ferisce il conducente identificato come Abdul Ghani. Sono in corso indagini per stabile chi avrebbe posato l’ordigno artigianale”. E già, la protagonista della notizia è l’esplosione della mina, in subordine l’indagine per stabilire chi avrebbe piazzato la bomba, Il riconoscimento del lesionato. Riassumendo: detonazione, danno ed inchiesta, il corpo essenziale del comunicato. Di ciò che ha subito Abdul a causa della mina non lo sappiamo: ferito ad un piede, al tronco ? La vittima civile, in questo caso parrebbe non possedere importanza. Un po’ come l’ attacco kamikaze a Lahore i giornali di tutto il mondo spiegano, dettagliano, finanche le personalità dei terroristi, le scuole frequentate e tanto altro. Si susseguono inchieste giornalistiche indirizzate al terrorista di turno o al gruppo attentatore. Ottimo esempio la strage ad Orlando in Florida, mentre dello stragista, foto, cartelle cliniche, titoli di studio, e quant’altro impazziscono tra giornali e piattaforme web, delle vittime nulla di nulla, solo una redazionale e distaccata differenza numerica, ermeticamente rinchiusa all’interno di una improbabile relazione tra i termini “morti e sopravvissuti”.
Giovanni Lafirenze
Foto: paperblog.com