L’Italia è ancora in guerra ma non lo sa. Gli artificieri – quelli del Genio pionieri dell’Esercito e di altre forze militari – compiono ogni anno circa tremila interventi (una media di oltre otto al giorno) per disinnescare i residuati esplosivi di conflitti armati che hanno coinvolto il nostro territorio sessanta se non ottanta anni fa.
Micidiali “ricordini” che ancora oggi rischiano di provocare feriti, mutilati e persino vittime in un Paese che della produzione di ordigni bellici ha fatto in passato uno dei suoi fiori all’occhiello industriale, ma che attualmente non appare a prima vista fra quelli più esposti al pericolo mine. Eppure solo nel corso della seconda guerra mondiale, Raf e Usaf sganciarono complessivamente sull’Italia un milione di bombe (per un totale di oltre 350 mila tonnellate di esplosivo).
Molti di quegli ordigni non deflagrarono completamente e una frazione consistente (stimata pari al 10 per cento) non esplose del tutto. Nella migliore delle ipotesi, dunque, almeno una bomba su quattro è ancora da recuperare: qualcosa come 25 mila ordigni sull’intero territorio nazionale. Così è bastata la siccità dell’estate appena trascorsa per moltiplicare i ritrovamenti di residuati inesplosi sulle sponde dei bacini lacustri e sui greti dei fiumi italiani. Ma quasi quotidianamente le cronache riportano gli allerta delle prefetture per operazioni più o meno complesse di disinnesco: in alcuni casi con l’intervento della Protezione civile per l’evacuazione precauzionale anche di centinaia di migliaia di persone.
Quasi una simulazione di guerra, con costi sociali ed economici elevati. SOLO PER citare alcuni degli ultimi ritrovamenti: si va dalla grande bomba al fosforo ripescata a fine agosto dai sub di una società privata nelle acque del porto di Civitavecchia (che stava per esplodere nel magazzino dove era stata stoccata con incredibile leggerezza), alla piccola granata notata da un passante i primi di settembre nel praticello del bar del tennis al Foro Italico di Roma (dove si giocano gli internazionali). «Non ci sono solo gli ordigni non esplosi risalenti alla seconda o addirittura prima guerra mondiale – afferma l’esperto C.C.M. Bonifiche, generale in ausiliaria del Genio che ora ha messo la propria professionalità a disposizione della bonifica umanitaria – ma anche piccoli residuati bellici abbandonati da sconosciuti. È frequente il ritrovamento di bombe a mano.
Quanto alle mine, invece, in Italia non se ne trovano più molte, anche se ogni tanto ne viene individuata qualcuna lungo la “linea gotica”». «LE BOMBE che restano celate nel sottosuolo inesplose per decine e decine di anni – prosegue Termentini – sono in particolare quelle di aereo che per peso e configurazione raggiungono, nei terreni non rocciosi, profondità anche oltre i 5-8 metri. Questi ordigni rimangono attivi ma non costituiscono di fatto un pericolo diretto se non vengono toccati. Per questo esiste una legge che prevede interventi di bonifica in profondità quando si devono realizzare lavori in aree dove potrebbero esserci ordigni non esplosi e si deve procedere ad opere di fondazione o scavi in profondità per la costruzione di ferrovie, ponti, autostrade».
Le aree dell’Italia dove maggiore è la probabilità di imbattersi in ordigni bellici risalenti ai due conflitti mondiali dello scorso secolo sono quelle dove si sono combattute le offensive più significative e quelle che hanno ospitato predisposizioni difensive. Residuati della prima guerra mondiale si possono così trovare sull’altopiano di Asiago e in tutta la fascia pedemontana. Altri luoghi potenzialmente a rischio – soprattutto per le bombe d’aereo – sono le zone oggetto dei duri bombardamenti anglo-americani durante la guerra di Liberazione, come le città, i porti e le grandi arterie stradali utilizzate dalle colonne tedesche in ritirata.
E quali sono gli ordigni che è più facile trovare sepolti in Italia? «In linea di massima – risponde Termentini – le bombe di aereo, anche di grandi dimensioni, poi le bombe a mano, le granate di artiglieria e cartucciame vario».
Testi del Dott. Lorenzo Grassi
27Mar
L’ITALIA E’ DISSEMINATA DI ORDIGNI INESPLOSI
Categories: Bonifica perché
Buongiorno sono Barbara Messina ho 54 anni e da bambina sono rimasta vittima di un ordigno inesploso che mi arrecato dei danni fisici ma soprattutto psicologici
Da qualche parte ho letto che dopo il 43 negli aeroporti del sud gli addetti al carico bombé sugli aerei erano italiani. E sapendo che sarebbero state sganciate sulle città del nord alteravano l’innesco utilizzando i chewing-gum. Forse è una panzana ma ha un certo che di suggestivo e patriottico.