Il 27 Maggio 2016 il Ministro della Difesa cileno, Jose Antonio Gomez Annuncia: << a partire dal 2002 abbiamo rimosso 130.497 mine su un totale di 181,814 posate ai tempi della dittatura ai confini con il Perù>> ovviamente aggiunge chi scrive, al lavoro effettuato dai militari, restano inesplosi ben 50867 ordigni. Anzi, a confermare il problema mine è l’Associazione Nazionale Cilena delle Vittime Mine Anti-persona:<<sono state eliminate il 72% di tali munizioni, ma nel contempo 174 civili sono stati uccisi da tali ordigni e in questo numero non include le vittime militari>>. Tuttavia il Ministro conferma che entro il 2020 il confine sarà liberato dalle mine, tra l’altro è il trattato di Ottawa che lo impone. Il 10 febbraio 2016 a Tacna un giovane peruviano è ucciso dall’esplosione di una mina, voleva oltrepassare illegalmente la frontiera con il Cile. La Croce Rossa peruviana interviene con un comunicato web posato sul sito ufficiale: << le mine antiuomo (anti-persona) continuano ad uccidere senza distinguere se la vittima è un civile o un militare. Intere comunità restano intrappolate dalle mine per diversi decenni dal termine delle guerre>>. Tutto bene, tutto giusto, ha ragione sia il Ministro Jose Antonio Gomez, quanto la Croce Rossa. Ma l’8 settembre le mine diminuiscono, in fatti una esplode al passaggio di due peruviani che volevano attraversare illegalmente il confine. I due incauti, investiti dalla detonazione subiscono pesanti ferite, soccorsi e trasportati in ospedale, non rischiano la vita, ma ad uno dei due, come conferma la fonte, i medici gli amputano una gamba.
Giovanni Lafirenze
Foto-Fonte: peruthisweek.com