Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

Le cicatrici della Seconda Guerra Mondiale sul volto di Milano

Categories: Testimonianze

di Claudia Vaghi

Come tutte le più floride e industriose metropoli europee, durante la Seconda Guerra Mondiale Milano era stata bersaglio di ingenti azioni di bombardamento, che la lasciarono devastata, offesa nei punti cardine della sua storicità più emblematica, paralizzata nei suoi trasporti e nelle sue industrie. Le ricostruzioni che sono susseguite al massacro urbanistico della città ne hanno cambiato radicalmente il volto, ma a distanza di poco più di settant’anni le cicatrici della Seconda Guerra, pur discrete e contenute, sono ancora ben visibili sul volto di Milano. In varie zone della città, nonostante le ristrutturazioni continue e l’azione deturpante dei writers, è ancora possibile imbattersi in segnaletiche belliche verniciate a parete sotto forma di pittogrammi e acronimi. Specificamente, le “R” segnalavano la presenza di rifugi antiaerei sotterranei, mentre le frecce accompagnate dalle lettere “US” indicavano le uscite di sicurezza dei detti rifugi, oppure stavano per “uscita secondaria”, “utilità sociale”. Esistono anche cerchi a sfondo nero con una “I” bianca posta al centro, utili ai vigili del fuoco per capire dove reperire gli idranti in caso di bombardamento. Ad oggi, si possono incontrare queste segnaletiche nell’area compresa tra via Archimede, Piolti de’ Bianchi e Corso Indipendenza, in via Giovannino de Grassi, in piazza Grandi e nei pressi di Parco Ravizza: alcune di esse sono state addirittura oggetto di restauro, dal momento che costituiscono una testimonianza – dimensionalmente contenuta, tuttavia densa di memoria e significato- di un capitolo cruciale della storia di Milano. I rifacimenti totali o parziali degli edifici non hanno risparmiato neppure i rifugi antiaerei sotterranei che, in tempo di guerra, erano sparpagliati in gran numero per la città. Tuttavia, alcuni di essi sono riusciti a sopravvivere, malgrado siano quasi tutti pressoché impraticabili. Iniziamo con un luogo noto, il Castello Sforzesco. I sotterranei della Ghirlanda – ovvero, la strada interrata che delineava il perimetro esterno del maniero- furono attrezzati a ricovero, e poi semplicemente utilizzati come magazzini; ad oggi questi sotterranei, lunghi ben 450 metri, sono visitabili e illuminati da faretti. La Stazione Centrale, altro sito di Milano molto conosciuto, è dotata di un ricovero antiaereo la cui struttura originaria è giunta ai giorni nostri quasi completamente integra, con le sue due lunghe gallerie parallele dalla volta a botte. Costruito in mattoni e calcestruzzo armato, questo rifugio era dotato anche di impianto di illuminazione e ventilazione e di servizi igienici; alle estremità sono tuttora esistenti larghe rampe d’accesso e porte blindate. In via Luini, ad una profondità di sette metri, esiste un ricovero antiaereo completamente rivestito in cemento, che si articolava in un vasto ambiente rettangolare con un solo muro divisorio e munito anch’esso di impianto elettrico e di ventilazione; oggi tale spazio funge da archivio.
Nel giardino di Palazzo Isimbardi, è collocato invece un bunker destinato alle autorità che poteva ospitare fino a 180 persone.
Presso l’ex area industriale del Portello, si narra esistessero vari ambienti sotterranei adibiti alla produzione di materiale bellico; i due impianti principali sarebbero stati collegati mediante una galleria che passava sotto viale Monteceneri.
Infine, c’è piazza Grandi. Intitolata al genio visionario dello scapigliato Giuseppe Grandi -pittore, scultore e incisore, nonché autore del monumento delle Cinque Giornate- ospita una fontana dedicata anch’essa a questo poliedrico artista. Sotto la sua struttura, nel 1935 venne realizzato un rifugio antiaereo in grado di ospitare ben 400 persone: un vero e proprio dedalo di 24 stanze in cemento armato, con tanto di servizi igienici e indicazioni per trovare l’acqua potabile in appositi secchi appesi a dei ganci (che non sono stati rimossi da allora); sulle pesanti coperture di cemento, hanno resistito all’umidità le scritte in vernice nera che riportano il divieto di fumare e quello di introdurre cani. Il rifugio dispone di due ingressi, collocati in corrispondenza dei lati più stretti della vasca della fontana e nascosti da una lastra di ferro, la quale a sua volta si confonde facilmente con la pavimentazione della piazza. Ad un’attenta osservazione, sarà possibile scorgere sulle pareti dei palazzi circostanti alcune frecce nere che indicano l’ubicazione degli ingressi. Di recente, l’Assessorato ai Lavori Pubblici ha optato per la riapertura di questo spazio – così prezioso per i numerosissimi milanesi che qui avevano cercato riparo dalle bombe – e anche per il suo restauro, in occasione dei lavori per consentire il ricircolo dell’acqua della fontana. L’obiettivo, quello di rendere il sito visitabile, in modo da perpetuare e condividere la memoria storica di cui esso è pregno. Ma i ricoveri antiaerei potevano sorgere anche in superficie. In via Pitteri (ex area Innocenti) e via Adriano (ex Magneti Marelli), vennero infatti edificate delle bizzarre ed imponenti costruzioni a foggia di silos, destinate a proteggere le maestranze industriali durante le azioni di bombardamento. Queste torri in cemento armato molto spesso, dell’altezza di trenta metri o poco più, possiedono una sommità conica il cui scopo era quello di far sì che bombe potessero scivolare via ed esplodere lontano. Al loro interno in genere si sviluppava una struttura elicoidale dove venivano sistemate le “sedute” per i rifugiati, laddove nei sotterranei era presente un serbatoio d’acqua. Anche nell’area del Portello – in tempo di guerra occupata dagli stabilimenti Alfa Romeo, ove si producevano i motori degli Junkers JU 87 – vennero innalzati analoghi silos, i quali però non ressero alla prima estate di bombardamenti. Tale tipologia di ricovero veniva utilizzata primariamente sui terreni con scarsa urbanizzazione oppure di pertinenza industriale, e vantava criteri costruttivi dagli standard di sicurezza generalmente più alti rispetto ai comuni ricoveri antiaerei sotterranei. Infine, al Parco Martesana – non lontano dalla Cassina de’ Pomm – nel bel mezzo di un giardino pubblico sorge quello che probabilmente era stato un rifugio a garitta, destinato ad offrire riparo ai soldati di qualche postazione di guardia. Le vestigia della Seconda Guerra a Milano non si limitano a segnaletiche belliche e strutture di ricovero antiaereo: da allora, infatti, i decenni ci hanno lasciato in eredità anche vere e proprie cicatrici tangibili in cui pulsa il ricordo funesto di quel che era stato, ma che il tempo ha reso pallide, inoffensive, sfregi singolari e quasi impercettibili sul volto della città. In piazza Repubblica (tra le rotaie del tram e verso via Turati) ed in via Palestro (di fronte al PAC), alcuni lampioni verde scuro recano ancora le ferite dei bombardamenti dell’agosto 1943, coi loro fori prodotti dalle schegge di granata. Analogamente, nel cuore alto borghese della città, sono tuttora incastonate alcune piccole testimonianze di quei tragici momenti. Su alcuni vecchi marciapiedi di marmo e granito, sono infatti impressi arcani marchi esagonali: si tratta delle impronte lasciate dagli spezzoni, particolari ordigni incendiari sganciati su Milano dagli Alleati nell’agosto 1943. Queste bombe, di forma esagonale, erano studiate appositamente per penetrare attraverso i tetti e incendiare le strutture; talvolta, alcuni di esse cadevano di punta, lasciando le impronte peculiari che ancora oggi un occhio attento può stanare. Purtroppo, la più profonda e nitida di esse – situata in piazza Affari, sul bordo del portico antistante il palazzo della Borsa – è stata stuccata nel gennaio 2011, ammutolendo e oltraggiando una dolorosa parentesi di storia.

Fonte: http://www.milanolifestyle.it/le-cicatrici-della-seconda-guerra-mondiale-sul-volto-milano/

Foto: milanolifestyle.it

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