Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

News

Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

Le bombe del 9 maggio 1943 che distrussero Palermo

Categories: Bonifica perché

L’importanza del porto di Palermo durante la seconda guerra mondiale fu
tragicamente chiara a tutti i suoi abitanti. Frequenti attacchi
britannici avevano mirato a interrompere il flusso di rifornimenti alle
forze dell’Asse in Africa, mentre i tedeschi organizzavano una rete di
sorveglianza antiaerea coordinata dalla postazione sul Monte Pellegrino.
Di solito i bombardieri provenivano da Malta, passavano sopra Isola
delle Femmine; si dirigevano poi su Sferracavallo e Mondello, seguivano
la rotta di attacco in direzione dell’Arenella e colpivano il porto.
Però la vicinanza della montagna e le correnti d’aria avevano sempre
impedito che i Cantieri navali fossero seriamente danneggiati. E poiché
non c’erano altri punti d’interesse strategico, con qualche disagio la
città aveva continuato la sua vita. Ma nel 1943 ogni residua minima
sicurezza s’era dissolta. Quell’anno la guerra stringeva la sua
morsa. Gli Alleati erano sbarcati in Africa, avevano deciso di
terrorizzare le popolazioni nemiche per indurle a pressare sul governo e
chiedere la resa: l’aviazione americana applica quindi la tecnica del
“bombardamento a tappeto”, e in virtù della sua importanza strategica la
Sicilia diventa la prima regione a sperimentarne gli effetti
devastanti. A Palermo si intensificano i bombardamenti sul porto a
cui si aggiungono le strade e la ferrovia, il macello comunale, i
mulini. Si prepara lo sbarco Alleato e i Boeing B-17 Flying Fortress, le
“Fortezze volanti”, hanno cominciato la loro opera di demolizione. In Bombe su Palermo –  un libro molto dettagliato di Alessandro Bellomo e Clara
Picciotto  –  è ricostruito il crescendo degli avvenimenti: il 3
febbraio una formazione di trenta bombardieri colpisce il porto, ma
anche piazza Magione e corso dei Mille sino ad arrivare a Villabate. Il
bilancio è di 98 morti e 297 feriti. Il 1° marzo, in pieno
giorno, due formazioni per complessivi trentasei bombardieri di nuovo
attaccano il porto e l’entroterra urbano. Novantaquattro tonnellate di
bombe vengono scaricate sulla città, fra gli edifici danneggiati ci sono
il portico meridionale della Cattedrale, l’Albergo delle Povere di
corso Calatafimi, il complesso monumentale di via Cappuccini. Il 22
marzo è la volta di ventiquattro bombardieri, ognuno sgancia dodici
bombe sempre a cominciare dal porto. Stavolta l’acqua sollevata da
un’esplosione allaga un rifugio antiaereo sul molo, dove s’erano
rifugiati gli operai della Compagnia portuale: 24 morti. La
chiesa del SS. Salvatore, la Biblioteca nazionale, l’ospedale di San
Saverio all’Albergheria vengono seriamente danneggiati la notte fra il 4
e il 5 aprile. Il rifugio di via Monte Pellegrino è centrato il 15
aprile, i morti sono 92. L’indomani, ventidue Fortezze volanti
provenienti
dall’Algeria bombardano i quartieri attorno al porto anche con ordigni
al fosforo, che causano l’incendio e il crollo del primo piano
dell’Archivio di Stato. Il 17 aprile altra incursione: 48
bombardieri lanciano 1.200 bombe per un totale di 130 tonnellate di
esplosivi che devastano corso Vittorio Emanuele e via Cavour, la
contraerea italo-tedesca abbatte quattro Fortezze volanti. Il 18 aprile
altra incursione: bombe dirompenti e spezzoni incendiari colpiscono
soprattutto gli scali ferroviari di Brancaccio e piazza Ucciardone, il
deposito dei tram. Le comunicazioni risultano paralizzate. Dopo i
bombardamenti del 18 aprile ci sono giorni di tregua. A Palermo viene
assegnata una simbolica “medaglia di mutilata”, la cerimonia è fissata
per il 9 maggio a piazza. Bologni. Ma sin dal mattino Radio Londra  – 
la radio degli Alleati  –  invita la popolazione a disertare la
cerimonia preannunciando una grande incursione aerea. Centinaia di
bombardieri preparano l’apocalisse, che presto arriva. L’attacco
Anglo-americano evita Capo Zafferano dov’è concentrata la difesa
antiaerea, si presenta da Termini Imerese: alle 11 una formazione di
caccia bimotori bombarda l’aeroporto di Boccadifalco, mettendo fuori
combattimento i settanta aerei parcheggiati sulla pista. Alle
12,35
arrivano le Fortezze volanti: il primo gruppo è composto da 222
bombardieri, provengono dall’Algeria e sono armati con bombe da 500
libbre (227 chili); li scortano 118 caccia pesanti. Seguono altri 90
bombardieri che portano ordigni da 300 libbre (136 chili), sono scortati
da 60 caccia bimotore. La contraerea reagisce, spara senza
interruzione. Ma i bombardieri volano troppo in alto, vengono
intercettati solo sulla via del ritorno: dopo che con 1.114 bombe da 500
libbre e altre 456 da 300 libbre hanno distrutto la città. Palermo
sperimenta il primo bombardamento a tappeto avvenuto in Italia. Nessuno
dei suoi quartieri viene risparmiato, il tessuto monumentale è ridotto
in macerie che riprendevano a bruciare anche dopo spente: effetto di
ordigni incendiari come le bombe al fosforo. Nell’elenco stilato dai
Vigili del fuoco e dalla Soprintendenza ai Beni culturali i nomi degli
edifici distrutti disegnano il profilo di una città martoriata. E la
notte dello stesso 9 maggio la città torna a essere colpita da 23
bimotori Wellington: gettano 76 ordigni esplosivi fra cui due bombe Hc
(High capacity) da 4.000 libbre (1.814 chili), che non penetrano al
suolo ma risultano micidiali per distruggere le zone edificate. Il
bilancio ufficiale delle vittime del 9 maggio accerta “solo” 373 nomi:
un numero relativamente basso, perché gran parte della popolazione è
“sfollata” fra paesi e campagne. Palermo è ridotta una città in macerie,
senza vie di comunicazione. È allo sbando. Diventerà facile preda per
sciacalli d’ogni genere, che a lungo avrebbero continuato a martoriarla.
Ma questa è un’altra storia. Settant’anni dopo la memoria di quel
giorno ritorna con la consegna alla città di un ritrovato rifugio anti
aereo sito sotto la scuola Madre Teresa di Calcutta di via Maqueda.
Fonte:
 http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/05/09/news/le_bombe_del_9_maggio_1943_che_distrussero_palermo-58431764/

CondividiShare on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn

Lascia un commento