La Marina militare scansiona i fondali del porto: forse individuati nuovi ordigni bellici
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di Gianluca Greco
BRINDISI – Potrebbero annidarsi anche degli ordigni bellici fra i 18 corpi estranei rilevati in questi giorni sui fondali di Brindisi, da una squadra della Marina Militare impegnata nel Pon “Sicurezza per lo sviluppo”: progetto finalizzato a migliorare la sicurezza delle acque portuali delle regioni meridionali strette nella morsa delle organizzazioni criminali (Puglia, Campania, Calabria e Sicilia). Tale obiettivo viene raggiunto attraverso un’attività di controllo, monitoraggio e mappatura dei fondali portuali e costieri, l’identificazione e rimozione degli oggetti non riconducibili all’ambiente marino e la realizzazione di un database dei fondali. I costi di questo intervento sono coperti per il 50% con risorse provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale e per il restante 50 % con fondi nazionali assegnati al ministero degli Interni. La squadra specializzata della Marina militare è arrivata a Brindisi martedì, dopo aver mappato e bonificato i porti di Bari e Taranto. Una dimostrazione del lavoro svolto dai militari è stata fornita stamani nello specchio d’acqua del Seno di Ponente antistante al castello Svevo, a margine di una conferenza in cui sono stati illustrati i dettagli del piano, dall’ammiraglio di squadra Ermenegildo Ugazzi, comandante della Marina Sud, dal capitano di vascello Francesco Giangregorio, capo ufficio Servizi di presidio, e dal tenente di vascello Mirko Leonzio, capo del Nucleo Sdai (Servizio Difesa Antimezzi Insidiosi). Ma prima di entrare nel dettaglio delle attività che fino a venerdì verranno espletate a Brindisi, è opportuno descrivere le caratteristiche dei mezzi e degli strumenti di cui si serve in nucleo Sdai.
La Marina militare scansiona i fondali del porto: forse individuati nuovi ordigni bellici
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Come qualcuno avrà potuto notare passeggiando fra martedì e mercoledì sul lungomare Regina Margherita, le acque del porto interno sono state solcate in questi giorni da un gommone a cinghia rigida, l’Uss 10, in grado di muoversi autonomamente su percorsi prepianificati o in telecomando. Il mezzo, equipaggiato con doppio Side Scan sonar (a scafo più rimorchiato), ecoscandaglio e telecamera, consente l’identificazione degli aggetti sui fondali marini senza che si debba immergere un operatore, il cui impiego è soggetto a costi maggiori, rischi e tempi più lunghi e viene riservato per particolari tipologie di operazioni. Il sistema è dotato di appositi bracci manipolatori con i quali poter rimuovere piccoli oggetti ed effettuare operazioni subacquee altrimenti eseguibili solo con un operatore umano.
Vi sono poi altri due sistemi utilizzati per la scansione dei fondali: Il Remus 100 (costato al ministero circa 400mila euro), una sorta di siluro operativo fino a 100 metri di profondità, in grado di condurre operazioni subacquee autonome su percorso pre-programmato adattativo, rilevando con i propri sensori immagini acustiche dettagliate del fondale e la presenza eventuale di agenti inquinanti; il Pluto plus con radioboa (costato al ministero circa 800mila euro), sistema semi-autonomo costituito da un veicolo subacqueo dotato di sona e telecamera, il quale è controllato in remoto da una stazione di controllo cui è connesso con un link radio attraverso una boa rimorchiata, consentendo anche in questo caso l’identificazione di oggetti marini senza il ricorso a un operatore umano.
Tali sistemi sono controllati a distanza attraverso un sistema containerizzato di comando e controllo: una stazione dalla quale vengono supportate le operazioni in mare. Tutti questi apparati servono dunque ad individuare oggetti estranei ai fondali o non segnalati nei database. Potrebbe quindi trattarsi di ordigni bellici, ostacoli pericolosi per la navigazione, carcasse di automobili, relitti e altri tipi di oggetti. E’ la Capitaneria di porto dell’area in cui si opera a indicare le zone in La Marina militare scansiona i fondali del porto: forse individuati nuovi ordigni bellici
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cui concentrare i controlli.
A Brindisi, le attività sono state espletate: nel porto interno, fra la banchina centrale e la dogana; nel porto medio, fra il castello Alfonsino e l’isola di Sant’Andrea; nel porto esterno, fra le località Punta Lunga e Punta Sant’Andrea. Come detto, al momento sono stati rilevati 18 oggetti estranei all’ambiente marino. Alcuni di questi, in particolar modo quelli individuati a ridosso della diga di Punta Riso, potrebbero essere dei residuati bellici. Se così dovesse essere, il nucleo Sdai, di concerto con la Capitaneria di porto, può immediatamente intervenire per bonificare la zona. Ma per definire una mappatura completa dei fondali occorreranno dei giorni. I dati verranno poi trasmessi al ministero degli Interni, che a sua volta li girerà agli enti locali.
Le autorità civili e militari presenti alla conferenza stampa hanno mostrato grande interesse nei confronti di questo progetto. Il presidente dell’Autorità portuale, Hercules Haralambides, ha in particolar modo lanciato la proposta di una partnership fra la Marina Militare e l’Authority per l’utilizzo di tali sistemi anche a ridosso delle banchine destinate a traghetti e navi. Ma si tratta, almeno per il momento, solo di un’idea abbozzata durante la presentazione del programma Fonte: http://www.brindisireport.it/cronaca/la-marina-militare-scansiona-i-fondali-del-porto-forse-individuati-nuovi-ordigni-bellici-gallery.html
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