Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

INTERVENTO DELL’AVV. GIUSEPPE CASTRONOVO – PRESIDENTE ANVCG AL CONVEGNO SUL TEMA DEGLI ORDIGNI INESPLOSI DEL 3 APRILE A PALAZZO MADAMA

Categories: Bonifica perché

Cari amici,
dal 2006 il 4 aprile di ogni anno si celebra la Giornata mondiale per la promozione delle azioni contro le mine e gli ordigni bellici inesplosi indetta dalle Nazioni Unite.
In questa giornata si intende richiamare l’attenzione sulla realtà che questo fenomeno rappresenta in numerosissimi Paesi del pianeta, che a diverso titolo e con differente intensità sono minacciati dalla presenza di mine e di ordigni inesplosi talvolta, come nel nostro Paese, anche a distanza di tanti anni dalla fine dei conflitti.
Ogni anno nel mondo decine di chilometri quadrati di territorio vengono bonificati e tornano a disposizione delle comunità per la ricostruzione e la ripresa delle attività socio-economiche. Tuttavia, la strada è ancora lunga: 84 Paesi rimangono minati e si stima che più di 200.000 chilometri quadrati del loro territorio possano essere contaminati da mine e da ordigni inesplosi.
Sempre ogni anno rimangono vittime di incidenti dovuti alle mine o agli ordigni inesplosi circa 5.000 persone, mentre è in costante crescita il numero di esseri umani che, a causa di tali incidenti, sono costretti a vivere il resto della loro vita con gravi invalidità e mutilazioni. Secondo l’ UNICEF, i bambini rappresentano  più di un terzo delle vittime civili. La loro curiosità naturale li espone a maggiori rischi, poiché spesso quando si imbattono in tali ordigni, non conoscendoli, cercano di aprirli o di giocarci. Essi sono pertanto più esposti degli adulti al rischio di morire o di ferirsi per le conseguenze delle esplosioni.
Il trattato di Ottawa del 1997 e la Convenzione sulle Bombe a Grappolo del 2008 sono riusciti molto bene ad affrontare e ridurre la minaccia per gli individui e le comunità di tutto il mondo dal pericolo di queste armi ormai vietate. Ad oggi vi sono 161 Stati Parti del Trattato di Ottawa mentre 111 Stati hanno aderito alla convenzione sulle Bombe a Grappolo, dei quali 80 sono tutti già Stati Parti.
Grazie a questi trattati molte centinaia di chilometri quadrati di terreno precedentemente infestati sono stati bonificati e più di 46 milioni di mine antipersona sono state raccolte, e 750.000 bombe a grappolo contenenti 85 milioni di submunizioni sono state distrutte. Ancora più importante,  il numero di vittime causate da queste armi ogni anno,  è diminuito drasticamente a meno di 5.000 casi registrati rispetto  i 20.000 di qualche anno fa.
Ancora troppi però e fermare questo stillicidio è possibile solo con un’adeguata mobilitazione di risorse e con il sostegno della comunità internazionale. È questo l’impegno che hanno preso i paesi che aderiscono al citato Trattato di Ottawa: ogni paese firmatario è tenuto a bonificare il proprio territorio da mine ed ordigni inesplosi entro 10 anni dall’entrata in vigore del trattato, mentre tutti i paesi che sono in grado di farlo, che possiedono cioè sufficienti risorse, hanno l’obbligo di sostenere le azioni contro le mine e l’assistenza alle vittime nei paesi più poveri. Anche l’Italia è chiamata a fare la sua parte, sia nel proprio territorio ampliando gli interventi di bonifica sistematica ed informando sui rischi a cui incorre chi si imbatte in questi ordigni, che rinnovando il suo impegno a sostegno delle azioni contro le mine, ad esempio finanziando adeguatamente il Fondo istituito con la Legge 58 del marzo 2001 che, negli ultimi anni è stato drasticamente ridotto.
Per comprendere l’entità del fenomeno a livello mondiale, basti pensare che in Italia, a distanza di 70 anni dalla fine della guerra, vengono ancora rinvenuti su tutto il territorio ogni anno oltre 60.000 ordigni bellici inesplosi, i quali hanno prodotto 11 gravi ferimenti nel 2013 e già altri 4 nell’anno appena iniziato.
Chi, come me e come tanti altri, ha vissuto la realtà della guerra e conseguentemente dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra durante tutta la sua storia, dalla fine del conflitto ad oggi, ha imparato nel corso degli anni a conoscere quanto siano pericolosi e subdoli gli ordigni bellici inesplosi sparsi in tutto il nostro Paese: purtroppo, infatti, sono migliaia le vittime civili di guerra che hanno riportato invalidità e mutilazioni, spesso molto gravi, per lo scoppio di questi oggetti di morte durante la guerra, ma sono impressionanti anche i dati delle vittime civili di guerra nate dopo la sua conclusione.
Occuparsi di questo problema e prodigarsi affinché il territorio venga bonificato da questi ordigni e la popolazione informata sui rischi ed i pericoli che comportano fa, quindi, naturalmente parte della missiondell’Associazione: ecco perché abbiamo creato al nostro interno uno specifico Dipartimento ordigni bellici inesplosi impegnato a condurre ricerche, studi e iniziative sul tema, in Italia e nel mondo, dove sono in atto ancora tanti, troppi conflitti bellici.
Il Dipartimento, nella sua attività, ha coinvolto Giovanni Lafirenze che, con la sua passione e la sua competenza uniche, è diventato un punto di riferimento per chiunque voglia studiare e capire seriamente il problema degli ordigni bellici inesplosi. L’attualità di questo tema fa apparire come fondamentale l’esigenza di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni, affinchè chi si imbatte in questi oggetti ingannatori apparentemente innocui sappia cosa nonché stimolando interventi di bonifica sistematica da parte dello Stato e degli organi competenti.
È un compito non facile perché, dopo settant’anni dalla sua conclusione, la Seconda Guerra Mondiale sembra ormai appartenere per i più solo ai libri di storia. Questo discorso, poi, vale a maggior ragione per la Prima Guerra Mondiale, di cui ci apprestiamo a vivere il centenario.
Ma se il tempo indebolisce la memoria personale e collettiva, non ha però lo stesso effetto sulle cariche esplosive delle decine di migliaia di ordigni che ancora giacciono nascosti sotto terra e che riemergono in occasione di scavi, lavori o per effetto dei naturali movimenti idrogeologici. Oggetti spesso sottovalutati per disinformazione, per colpa del loro aspetto traditore, o perché intenzionalmente camuffati da oggetti di uso comune oppure a causa dell’azione erosiva degli agenti atmosferici e naturali.
Settant’anni sono un tempo davvero lungo se misurato con il metro della propria vita. Ma sono diventati improvvisamente un attimo quando nel marzo del 2013 due ragazzi hanno riportato la perdita della vista e il giovane Nicolas anche la perdita della mano, per lo scoppio di un ordigno bellico inesploso ritrovato in un campo a Novalesa, in Val di Susa: un incidente così simile a quello di cui sono rimasto vittima io, nel lontano 1944, con lo stesso drammatico esito.
Venire a sapere che così tanto tempo dopo dei ragazzi hanno subìto il mio stesso tragico destino è stato un vero trauma e ha fatto nascere immediatamente in me, ed in tutta l’Associazione che ho l’onore di presiedere, la volontà di mettere in atto qualcosa di efficace. Per contribuire ad evitare che tragedie simili si continuino a ripetere ancora nel XXI° secolo e nell’indifferenza generale.
Noi vittime civili di guerra abbiamo sempre avvertito nel drammatico destino che ci è toccato, fatto di invalidità subite spesso in giovane età o perdita di familiari cari, non solo la possibilità di essere testimoni concreti e autorevoli di esperienze dolorose, ma anche il dovere civico di fare tutto quanto è possibile per impedire e prevenire il ripetersi di storie come le nostre.
Anche per questo esiste l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra Onlus che, evidentemente, non ha ancora esaurito il suo compito: non lo ha esaurito per le oltre 120.000 vittime civili di guerra ed i loro congiunti ancora viventi ma anche per evitare che la guerra continui a mieterne ancora, in Italia e nel mondo; è per questo che l’Associazione in passato ha partecipato attivamente alla Campagna Internazionale per il Bando delle Mine Antiuomo ed oggi lancia una campagna di prevenzione e informazione sugli ordigni bellici inesplosi nel nostro Paese, che si affianca ad iniziative analoghe che stiamo realizzando in campo internazionale, nella Striscia di Gaza in collaborazione con UNRWA, agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, con una campagna di informazione e prevenzione nelle scuole sugli ordigni bellici inesplosi, ed in Sierra Leone in collaborazione con Dokita, per la riabilitazione ed il reinserimento sociale dei bambini soldato.
La mia speranza  è che un giorno  il mondo  sia esente dalle minacce causate da mine e residuati bellici inesplosi. Ma ci vorranno sforzi collettivi comuni su tutti i fronti  per raggiungere questo obiettivo.  In questa Giornata internazionale  è importante rinnovare il nostro impegno nel portare avanti la nostra missione di salvare vite.
Perché, purtroppo, la guerra – “pazzia bestialissima” per usare le parole di Leonardo da Vinci – continua a lungo ad uccidere e distruggere le vite degli uomini, delle donne e dei bambini anche dopo la sua conclusione: una scia di sangue e dolore che si trascina per decenni e che ci ricorda, in modo perentorio, che la pace è l’unica scelta realmente possibile per il futuro dell’umanità.
AVV. GIUSEPPE CASTRONOVO

PRESIDENTE ASSOCIAZIONE NAZIONALE VITTIME CIVILI DI GUERRA 



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