UDINE. «Entrarono alle 6 del mattino. Erano due soldati titini accompagnati da un ufficiale che teneva in mano un documento. Io e mia moglie eravamo già in piedi e i nostri tre figli ancora a letto. Il documento letto dall’ ufficiale non consentiva nessun dubbio. Alle 12 in punto dovevamo trovarci nella piazza principale di Rovigno. Era consentita una valigia per ciascuno di noi.Alle 11,30 si chiuse la casa e mia moglie si fece il segno della croce. Alle 12,15 si salí su un camion militare con altri nostri paesani. In poco piú di quattro ore la storia di mio nonno, mio padre, la mia e dei miei figli non fu piú storia di Rovigno (dalle memorie di Giuseppe Salvador, medico condotto di Rovigno. 1946)». Sono 346 mila 440 gli italiani che hanno dovuto abbandonare l’Istria e la Dalmazia. Da Fiume se ne sono andati 54 mila su 60 mila, da Pola 32 mila su 34 mila, da Zara 20 mila su 21 mila, 8 mila su diecimila da Rovigno e 14 mila su 15 mila da Capodistria. Numeri tremendi – sottolinea Scandaletti – che raccontano la “distruzione”di una storia e di una cultura italiana. Scandaletti prende per mano il lettore e lo porta dentro queste terre. “Storia dell’Istria e della Dalmazia” affronta questi temi ancora scottanti. L’ingresso della Croazia in Europa e la Serbia che incalza riportano, infatti, alla memoria dell’opinione pubblica la tragedia adriatica: quella dei quasi 350 mila italiani che hanno dovuto abbandonare l’Istria e la Dalmazia – vissuto, averi, attività. «Terre affacciate sull’Adriatico, legate da sempre alla sponda italiana. I Romani fondano Aquileia 181 anni prima di Cristo e da quel porto, protetto dalla laguna di Grado, partono per Costantinopoli e Alessandria d’Egitto. Irradiano le loro strade verso le Alpi e i Balcani, l’Istria e la Dalmazia; fondano città dall’impronta inconfondibile, come Pola Zara e Spalato, la patria di Diocleziano. Dopo Bisanzio e il sistema feudale di Carlo Magno, per otto secoli a partire dal Mille l’impronta sarà quella della Serenissima Repubblica di Venezia. Che non cercava conquiste territoriali, ma porti sicuri per la sua grande flotta diretta al Mediterraneo orientale: in cambio della protezione dai pirati e di sviluppo economico e culturale. Lasciando a vigilare i suoi nobilomini e il leone alato sulle porte e i palazzi delle città».
Fonte: http://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-libero/2016/02/08/news/e-scandaletti-racconta-l-esodo-se-ne-andarono-in-346-mila-440-1.12925661
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