di FEDERICA CRAVERO
“MI SONO venuti incontro dicendomi “Guarda qui
cosa abbiamo trovato”… Io ho provato a dire a Lorenzo “Lascia
stare, non sai cos’è. Portala a tua nonna, magari lei lo sa” perché era
lei che una volta coltivava il campo”. Stefano Clemente, 18 anni, non ha
fatto in tempo a mettere in guardia gli amici che l’ordigno è esploso. Una
bomba a mano Breda modello 35. I suoi genitori erano a casa quando, come tutto
il paese di Novalesa, hanno sentito un forte boato. Non capivano cosa potesse
essere stato, ma pochi secondi dopo è suonato il telefono ed era il figlio
Stefano: “Qui è scoppiato qualcosa”.
Non immaginavate fosse una granata?
“Assolutamente no. Loro l’avevano già vista l’ultima volta che erano
andati al campo, ma io non c’ero. E quando l’hanno rivista, lì per terra,
vicino al capanno di pietra, Nicolas l’ha presa e si è avvicinato a me con
quella cosa in mano”.
Che aspetto aveva?
“Sembrava un contenitore di metallo, grande come una lattina, più o meno.
In ogni caso non sembrava un oggetto così vecchio: forse era stato riparato a
lungo e poi per qualche ragione è venuto fuori. La parte sopra era un po’
arrugginita, ma la parte centrale era rosso brillante, come fosse stata
verniciata da poco. Il fondo, invece, sembrava dovesse svitarsi”.
Ed è quello che hanno cercato di fare Nicolas e Lorenzo?
“Forse sì o forse hanno tolto la linguetta che c’era sul tappo. Non so
nemmeno se Nicolas l’avesse in mano o se l’avesse appoggiata su una pietra. Non
lo so con certezza perché io mi sono allontanato di un paio di metri dietro di
loro. Ed è quello che mi ha salvato”.
Aveva paura?
“Bhè, non mi convinceva che volessero aprire quella cosa perché non
sapevamo cosa fosse. Gliel’ho detto di non farlo, di portarlo alla nonna di
Lorenzo che forse sapeva cosa fosse perché il campo è suo. Però non ho
insistito e mi sono allontanato di qualche metro”.
E cos’è successo?
“C’è stato subito un botto. Forte, ma devo dire che per essere una bomba
mi immaginavo un rumore più impressionante. L’onda d’urto mi ha un po’
spostato, ma senza farmi cadere”.
Ha sentito dolore?
“No, subito per niente. Solo quando mi sono guardato i pantaloni li ho
visti tutti bucherellati e sporchi di sangue. Invece Lorenzo e Nicolas
gridavano che non ci vedevano più… Nicolas in particolare credo si sia reso
subito conto di quanto era grave perché continuava a dire “Cos’abbiamo
fatto, mi sono rovinato la vita”. Abbiamo chiamato i nostri genitori, poi
Nicolas mi ha chiesto di chiamare l’ambulanza. “Sto morendo”, mi
diceva… Adesso chissà quando li rivedrò…”.
È stato lei a chiamare i soccorsi?
“Sì, ho fatto il numero del 118 e in quel momento sono arrivate anche due
guardie forestali ed è stata una fortuna perché io non riuscivo a spiegare la
strada per arrivare”.
Andavate spesso al campo?
“Sì, volevamo fare qualche soldo piantando le patate da vendere in autunno
alla fiera. Loro fanno agraria, io no, sono al quarto anno dell’Itis, ma era un
modo per fare qualcosa insieme. Lo scorso autunno avevamo bruciato le
sterpaglie e tornavo sempre a casa con una puzza di fumo addosso. Invece
l’altro giorno dovevamo mettere la rete per proteggere il campo dagli animali.
Avevamo quasi finito, stavamo per andare via”.
Sempre voi tre?
“Non solo, eravamo in tanti. Stavolta doveva esserci anche il nostro amico
Stefano, ma poi all’ultimo è andato assieme a suo padre a tagliare la legna.
Invece altre volte c’era il fratello piccolo di Lorenzo, con i suoi amici:
hanno dieci anni, se ci fossero stati anche loro non so cosa sarebbe
successo… Sarebbero stati sicuramente lì davanti a curiosare”.
Fonte:
cosa abbiamo trovato”… Io ho provato a dire a Lorenzo “Lascia
stare, non sai cos’è. Portala a tua nonna, magari lei lo sa” perché era
lei che una volta coltivava il campo”. Stefano Clemente, 18 anni, non ha
fatto in tempo a mettere in guardia gli amici che l’ordigno è esploso. Una
bomba a mano Breda modello 35. I suoi genitori erano a casa quando, come tutto
il paese di Novalesa, hanno sentito un forte boato. Non capivano cosa potesse
essere stato, ma pochi secondi dopo è suonato il telefono ed era il figlio
Stefano: “Qui è scoppiato qualcosa”.
Non immaginavate fosse una granata?
“Assolutamente no. Loro l’avevano già vista l’ultima volta che erano
andati al campo, ma io non c’ero. E quando l’hanno rivista, lì per terra,
vicino al capanno di pietra, Nicolas l’ha presa e si è avvicinato a me con
quella cosa in mano”.
Che aspetto aveva?
“Sembrava un contenitore di metallo, grande come una lattina, più o meno.
In ogni caso non sembrava un oggetto così vecchio: forse era stato riparato a
lungo e poi per qualche ragione è venuto fuori. La parte sopra era un po’
arrugginita, ma la parte centrale era rosso brillante, come fosse stata
verniciata da poco. Il fondo, invece, sembrava dovesse svitarsi”.
Ed è quello che hanno cercato di fare Nicolas e Lorenzo?
“Forse sì o forse hanno tolto la linguetta che c’era sul tappo. Non so
nemmeno se Nicolas l’avesse in mano o se l’avesse appoggiata su una pietra. Non
lo so con certezza perché io mi sono allontanato di un paio di metri dietro di
loro. Ed è quello che mi ha salvato”.
Aveva paura?
“Bhè, non mi convinceva che volessero aprire quella cosa perché non
sapevamo cosa fosse. Gliel’ho detto di non farlo, di portarlo alla nonna di
Lorenzo che forse sapeva cosa fosse perché il campo è suo. Però non ho
insistito e mi sono allontanato di qualche metro”.
E cos’è successo?
“C’è stato subito un botto. Forte, ma devo dire che per essere una bomba
mi immaginavo un rumore più impressionante. L’onda d’urto mi ha un po’
spostato, ma senza farmi cadere”.
Ha sentito dolore?
“No, subito per niente. Solo quando mi sono guardato i pantaloni li ho
visti tutti bucherellati e sporchi di sangue. Invece Lorenzo e Nicolas
gridavano che non ci vedevano più… Nicolas in particolare credo si sia reso
subito conto di quanto era grave perché continuava a dire “Cos’abbiamo
fatto, mi sono rovinato la vita”. Abbiamo chiamato i nostri genitori, poi
Nicolas mi ha chiesto di chiamare l’ambulanza. “Sto morendo”, mi
diceva… Adesso chissà quando li rivedrò…”.
È stato lei a chiamare i soccorsi?
“Sì, ho fatto il numero del 118 e in quel momento sono arrivate anche due
guardie forestali ed è stata una fortuna perché io non riuscivo a spiegare la
strada per arrivare”.
Andavate spesso al campo?
“Sì, volevamo fare qualche soldo piantando le patate da vendere in autunno
alla fiera. Loro fanno agraria, io no, sono al quarto anno dell’Itis, ma era un
modo per fare qualcosa insieme. Lo scorso autunno avevamo bruciato le
sterpaglie e tornavo sempre a casa con una puzza di fumo addosso. Invece
l’altro giorno dovevamo mettere la rete per proteggere il campo dagli animali.
Avevamo quasi finito, stavamo per andare via”.
Sempre voi tre?
“Non solo, eravamo in tanti. Stavolta doveva esserci anche il nostro amico
Stefano, ma poi all’ultimo è andato assieme a suo padre a tagliare la legna.
Invece altre volte c’era il fratello piccolo di Lorenzo, con i suoi amici:
hanno dieci anni, se ci fossero stati anche loro non so cosa sarebbe
successo… Sarebbero stati sicuramente lì davanti a curiosare”.
Fonte:
http://torino.repubblica.it/cronaca/2013/03/04/news/cos_la_bomba_ci_ha_colpito_parla_uno_dei_ragazzi_feriti-53816852/
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