“Non riuscire a sviluppare rapidamente un approccio bilanciato di recupero sociale in simili ambienti post-bellici ed in Sierra Leone in particolare – ha affermato Lorenzo Rinelli – significa cancellare e marginalizzare una generazione di giovani che hanno vissuto la guerra civile e che di conseguenza propensa a coinvolgimenti in nuovi conflitti ed atti di terrorismo. Si tratta di una generazione dunque, le cui ambizioni per un’istruzione scolastica adeguata e un reinserimento nel tessuto sociale effettivo ne fanno la base potenziale per una società globale democratica e pacifica“.
Il progetto di recupero ex-bambini soldato in Sierra Leone, in collaborazione con il partner locale Caritas Makeni, è stato rivolto a giovani vittime del decennale (1991 – 2002) conflitto civile in Sierra Leone (in particolare a Makeni, Bombali District, Provincia Nord) fra cui ragazze e donne che hanno subito violenze sessuali, ragazze-madri, invalidi, ex-bambini soldato.
Presenti nel corso della mattinata alcuni rappresentanti delle Istituzioni italiane, tra cui: il vicepresidente del Senato, Sen. Linda Lanzillotta; il Presidente della Commissione Esteri del Senato, On. Pierferdinando Casini; Benedetto Della Vedova Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale;il Sen.Giuseppe Francesco Marinello presidente Commissione Ambiente Senato; Jean Leonard Touadì, Consigliere Politico del Viceministro agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale Lapo Pistelli.
Tra i rappresentanti delle organizzazioni promotrici: Michele Vigne, Vice Presidente Nazionale Vicario ANVCG; Pietro Nicolai, Presidente Dokita; Mario Grieco, Direttore Dokita, Lorenzo Rinelli, relatore ANVCG; Irene Tognella, relatore Dokita.
In apertura della conferenza la vicepresidente Sen.Lanzillotta ha sottolineato la gravità del problema dei bambini soldato nel mondo “I bambini sono utili alla guerra degli adulti: posso usare le armi, oggi sempre più leggere, essere facilmente indottrinati, ubbidiscono agli ordini e non vengono pagati. Sono innocenti e vengo privati di questa innocenza che sarà per sempre perduta“.
In seguito alla firma del Trattato di pace, alcuni di loro, grazie a programmi realizzati dalle agenzie ONU sono stati disarmati, smobilitati e reintegrati. Nonostante questi interventi, la maggioranza sia delle vittime che dei carnefici soffre ancora le pesanti conseguenze del conflitto: povertà economica, disabilità fisiche (diverse migliaia i casi di amputati durante il conflitto), disagio psico-sociale in quanto, pur essendo stati formalmente accolti dalla comunità sierraleonese, molti ex ribelli hanno deciso di non ritornare nei loro luoghi di origine dove avevano commesso la maggior parte dei crimini di cui si sono macchiati.
La città di Makeni, capoluogo della Provincia Nord della Sierra Leone, roccaforte dei ribelli durante la guerra civile, è una delle città che soffre più delle altre gli strascichi di questo conflitto. Molte famiglie, nonostante siano passati diversi anni, non sono ancora in grado di guarire dalle ferite della guerra o perché non riescono a far fronte economicamente ai loro bisogni interni o perché sono famiglie divise, monoparentali o che non riescono a riaccogliere al loro interno quei membri che si sono macchiati delle suddette atrocità. Moltissimi ex-minori hanno perso quasi dieci anni di scolarizzazione e ogni possibilità di riscatto sociale. Coloro che hanno subito menomazioni fisiche durante la guerra vedono le loro potenzialità di inserimento in realtà socio-economiche ancora più ridotte.
Fra le prime realtà locali a offrire supporto e sostentamento alle vittime di guerra vi fu la Caritas diocesana di Makeni, con servizi di protezione di minori, istruzione, sensibilizzazione sanitaria soprattutto sul tema dell’HIV/AIDS (che ha avuto una diffusione crescente in seguito al conflitto), ricostruzione, assistenza a ragazze-madri, supporto socio-psicologico (mental health programme), acqua e igiene. Nel corso del 2013, DOKITA onlus e Caritas Makeni hanno collaborato nell’erogazione di servizi di assistenza e supporto a quei giovani che nella città di Makeni si trovano in una situazione di vulnerabilità fisica o sociale conseguente al conflitto. Molti di loro vivono per strada e in considerazione dell’elevato tasso di disoccupazione giovanile, restano intrappolati in circuiti di criminalità.
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