Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

Colombia come l’Afghanistan, 11mila vittime delle mine dimenticate

Categories: Bonifica perché

di Daniele Mastrogiacomo

Non lo sapevo: anche la Colombia è punteggiata da un tappeto di mine che azzoppano e spesso uccidono i contadini impegnati nei campi. Oltre mezzo secolo di guerriglia, di raid militari, di assalti e violenze degli squadroni della morte hanno lasciato sotterrati migliaia di ordigni che le piogge, il tempo e l’assenza di mappe affidabili finiscono per fare scempio di ragazzini, donne, uomini, animali, famiglie intere. Secondo la Campagna colombiana contra minas (Cccm), un’associazione civile che raccoglie le vittime storpiate da questo vero incubo, le persone colpite in tutto il paese sarebbero 11 mila. Qualcosa che ricorda da vicino l’Afghanistan i cui terreni, molti abbandonati e deserti, sono ancora costellati da milioni di mine. Nessuno conosce la loro esatta posizione. Signori della guerra, soldati dell’Armata rossa sovietica, mujihaddin, Taleban, militari americani e della Coalizione internazionale. Tutti si sono avvicendati negli ultimi quarant’anni tra scorribande e occupazioni. Le piogge incessanti, le mappe perdute o imprecise, la serie interminabile di bombardamenti e di lanci di artiglieria, rendono impossibile un serio inventario. Gli afgani si arrangiano come hanno sempre fatto: delimitano con pietre bianche le zone sicure e circondano con sassi punteggiati di rosso quelle proibite. Ma sono troppo vaste e costose per sminarle; le hanno abbandonate a loro stesse. Non sono pochi i ragazzini che saltano in aria mentre sfrecciano con i loro skateboard nelle periferie delle città. In Colombia il governo ha iniziato a scandagliare i terreni per anni teatri di scontri e di incursioni tra le Farc e l’esercito. Ma i continui cambi di fronte, le conquiste e le sconfitte, mutano lo scenario e costringono i contadini a usare l’istinto per sopravvivere. L’ultima vittima, racconta Elisabeth Reyes sul Pais, è un ragazzo di 13 anni. Viveva a Caño Limón, un villaggio del dipartimento di Arauca, poco lontano da uno dei giacimenti petroliferi più importanti della Colombia. È saltato su una mina sotterrata nel giardino di casa. Nello scoppio ha perso una gamba, un braccio e un occhio. È sopravvissuto ma possiamo immaginare quale sarà la sua esistenza. Non si sa come un ordigno simile possa essere scivolato nel pezzo di verde che circondava la fattoria della sua famiglia. Il padre ricorda che dietro la collina che sovrasta la zona si erano accampati per settimane delle pattuglie di soldati. “Quando se ne sono andati è arrivata la guerriglia e ha disseminato l’area di mine”, racconta. “Fanno sempre così. Per difesa e per rendere inaccessibili i luoghi”. Auraca è una delle regioni che segue con ansia crescente i colloqui in corso da 18 mesi a L’Avana tra una delegazione delle Farc e quella del governo di Manuel Santos. Attende ciò che in Colombia tutti chiamano il “disimpegno del conflitto”: la smilitarizzazione di intere aree adesso al centro della guerra di guerriglia. Guillermo Murcia, 32 anni, fa parte di un gruppo di 60 vittime delle mine, scelte in tutto il paese per incontrare le due delegazioni a Cuba. “Probabilmente”, commenta, “finiranno per tacere i fucili ma le mine continueranno a mietere le loro vittime. Sono silenziose, subdole, nascoste. Pronte a colpire. Chi è responsabile di queste trappole deve provvedere a disinnescarle. Con le loro mappe e i loro strumenti”. Ma anche qui, come in Afghanistan, non sarà facile. Non sempre chi ha piazzato gli ordigni ha appuntato sulle carte l’esatta posizione; le piogge filtrano i terreni e l’acqua, con il fango, li rende mobili. Un contadino di 40 anni è saltato in aria il 27 dicembre scorso mentre arava un terreno come faceva da sempre. Nessuno si spiega come quella bomba sia potuta infiltrarsi tra le zolle. La sua proprietà sorge lungo il confine con il Venezuela diventata da anni zona di contrabbando per la benzina e altri generi di prima necessità. Il governo di Caracas ha provveduto a minarla. Ma questo più che frenare il florido commercio illegale ha finito per creare un deserto dove chi non ha nulla, se non il proprio campo, è costretto a zappare e spesso a saltare in aria. Solo in quest’area ci sono state 28 vittime l’anno scorso; 40 nel Dipartimento di Murcia; 596 in tutto il paese. Il governo colombiano ha creato un battaglione di 394 artificieri che si alternano lungo le aree rurali smilitarizzate dalla guerriglia e dall’esercito. Ma quelle ancora contese non sono state toccate: si stima che almeno 57 località in dieci Dipartimenti sono a rischio. In realtà il numero è ben più alto: 688 municipi hanno chiesto l’intervento degli artificieri. Dovranno attendere. Ci vogliono soldi e più uomini. Ma soprattutto le mappe che una guerriglia vecchia di 60 anni, divisa e un po’ desueta, deve fornire. Senza un accordo pieno tra Farc e governo niente bonifica. Il tempo scorre e la nuova classe dirigente colombiana è troppo giovane per attendere l’annuncio di una vera pace che tutti vogliono ma tarda ancora ad arrivare. Fonte: http://www.huffingtonpost.it/daniele-mastrogiacomo/colombia-afghanistan-11-mila-vittime-mine-dimenticate_b_6642936.html?utm_hp_ref=italy
(archivio)

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