(AGI) – Roma, 28 lug. – Cento anni fa, il 28 luglio del 1914, inizio’ la Prima guerra mondiale, il piu’ grande conflitto mai visto, una carneficina che coinvolse quasi tutti i continenti, gran parte delle Nazioni e dei loro abitanti. L’Europa e il mondo non furono piu’ come prima. Tante sono state le novita’, le implicazioni, le conseguenze di quel conflitto conclusosi nell’autunno 1918 che solo ad un secolo di distanza il mondo sembra uscire dai solchi che produsse. Quando furono firmati gli armistizi tra i belligeranti, le vittime si contavano a decine di milioni.
L’Italia entro’ in guerra nel 1915, il 24 maggio. Paese povero e impreparato, si trovo’ presto in trincea per difendere il proprio territorio. La disfatta di Caporetto nell’ottobre 1917 fu il momento piu’ difficile, ma la resistenza sulla linea del Piave consenti’ la riscossa fino alla resa degli austriaci a Vittorio Veneto il 4 novembre.
A cento anni di distanza in Italia si tace ancora sul caso dei soldati (quasi tutti soldati semplici) passati per le armi dopo essere stati condannati da tribunali speciali durante i combattimenti. Una realta’ che per 100 anni e’ stata tenuta nel cassetto, negando persino l’esistenza del fenomeno. Non c’e’ una lapide, non c’e’ un registro che contenga e trasmetta alla memoria collettiva i loro nomi. In Francia il governo ha chiesto scusa gia’ da piu’ di 15 anni. Il Canada ha loro “restituito l’onore”. Persino la Gran Bretagna e’ intervenuta con un atto di clemenza quando, nel 2006, ha concesso loro il “perdono”.
Il caso dei soldati e’ stato sollevato sabato mattina dal quotidiano ‘L’Avvenire’, che gli dedica un’inchiesta. Ora, la tragedia nella tragedia e’ che non si tratta solo di casi di giustizia militare nei confronti di chi si era macchiato di crimini gravi: furti, stupri, razzie. Quei nomi (circa un migliaio) sono anche di uomini comuni vittime della piu’ odiosa forma di disciplina militare: la decimazione. Pratica risalente alla cultura pagana che venne seguita in momenti particolarmente gravi come la fuga dopo Caporetto oppure per ristabilire semplicemente la disciplina tra le truppe. Si prendeva un plotone, una compagnia, e si contava fino a dieci. Il decimo finiva al muro. L’Italia detiene il primato di questa carneficina, sia in termini comparativi, che percentuali che assoluti. Secondo le stime quasi il triplo della Gran Bretagna, la cui disciplina militare e’ proverbiale.
Dichiara a ‘L’Avvenire’ Nicola Labanca, storico dell’Universita’ di Siena: “Un dato elevatissimo che dimostra quanto poco i fanti italiani sentissero la guerra, iniziata come guerra di conquista”. E al tempo stesso come “il generale Cadorna intendesse reagire al timore di un limitato spirito combattivo dei soldati con il terrore e la repressione”. Tanto piu’ che se si era soldati semplici si finiva fucilati in due casi su tre, se si era ufficiali in due casi su tre invece si veniva assolti. Ora qualcuno pensa di ridare una forma di giustizia inserendo in uno di quei caduti nei cippi commemorativi. Ma questo non e’ in Italia, e’ altrove. In Italia c’e’ sempre il rischio che, nel nome della memoria condivisa, si ricorra inevitabilmente alla memoria rimossa. Fonte: http://www.agi.it/cronaca/notizie/cento_anni_fa_mondo_entrava_in_guerra_l_orrore_delle_fucilazioni-201407281155-cro-rt10059
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