“Documentare per Conservare – Studiare per Valorizzare”. Sono queste le quattro parole chiave alla base di UNEX Project, il progetto di esplorazione attraverso il quale cinque ricercatori hanno dato vita ad un organizzazione che esce dal seminato canonico della speleologia tradizionale e si dedica anche alle cavità ipogee artificiali ed alla ricerca di reperti sotterranei, scoperti non solo attraverso la documentazione storica ma spesso grazie ai racconti degli anziani, alle storie ed alle “leggende di paese” che hanno sempre un fondo di verità. Ed è proprio venendo incontro ad una segnalazione di questo tipo che il Team UNEX (formato da Cristian Mazzucchelli – Daniele Pellizzaro – Elena Tamolli – Fulvio Sala – Alex Briatico) ha riportato alla luce nella brughiera lonatese, grazie ad apposita strumentazione professionale, sotterrati all’interno di un vecchio paraschegge militare appena ripulito dalla vegetazione infestante, almeno una cinquantina di reperti tra cui: proiettili di mitragliatrici, tiranti, raccordi di cablaggio e molti altri resti in corso di identificazione. Nello specifico i reperti, sarebbero riconducibili ad un Savoia Marchetti 79 (SM79 – detto “Sparviero”) aerosilurante che ebbe grande fama durante la seconda Grande Guerra. Fu il modello di bombardiere italiano costruito nel maggior numero di esemplari (circa 1.300) e restò in attività per quasi vent’anni (da metà degli anni ’30 agli anni ’50 del XX secolo). Le numerose testimonianze raccolte dal gruppo UNEX, hanno confermato che durante la seconda guerra mondiale nei pressi del “Campo della Promessa” a Lonate Pozzolo, l’SM79 era il modello di velivolo più diffuso. Nello specifico, sempre stando alle fonti rinvenute che hanno permesso la localizzazione ed il recupero dei resti, al momento dell’attacco aereo da parte delle truppe alleate avvenuto il 26 Dicembre del 1944, il velivolo sarebbe stato in sosta all’interno della struttura difensiva. Spento l’incendio causato dal mitragliamento che fece esplodere i serbatoi di benzina, i pezzi di maggior valore, come i tre motori, furono recuperati dagli stessi militari, mentre le rimanenti parti metalliche (il velivolo era prodotto per la maggior parte in legno e tela, con l’esclusione delle parti meccaniche) furono raccolte dagli abitanti del luogo per integrare il bassissimo reddito dovuto ad una economia locale di estrazione agricola in quegli anni messa in ginocchio dalla guerra. Alcune parti rimasero a terra e furono, col passare degli anni, ricoperti dalla terra e dalla vegetazione; così, fortunatamente, arrivarono fino ai giorni nostri.
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