In tutto il territorio italiano migliaia di bombe inesplose
Il bonificatore Lafirenze: «Centro Italia da codice rosso»
La questione dei residuati bellici nel sottosuolo italiano che portata ha ?
«L’Italia subisce i primi bombardamenti aerei dal 1940, ma sono incursioni “leggere”, mentre nel 1941 e nel 1942 le missioni aeree iniziano a creare enormi danni alla popolazione e alle aree urbane. Nell’estate del 1943, con lo sbarco degli Alleati in Sicilia, l’Italia conosce la guerra di terra: granate, mine, e quant’altro. La guerra di terra non blocca i bombardamenti aerei, che termineranno nel 1945, e a questi si aggiungono quelli tattici, di ausilio alle truppe e per ostacolare movimenti militari tedeschi. In pratica una guerra aerea e terreste in grado di trasformare l’Italia in una discarica bellica».
È possibile una stima del numero di ordigni inesplosi che si trovano ancora oggi nel territorio italiano?
«È difficile un calcolo del genere. Si può ipotizzare una percentuale di ordigni interrati e inesplosi per le bombe d’aereo il 3% ma non possiamo stabilire ciò che è stato sepolto o affondato per rendere più agevole una ritirata o spostamenti militari in genere. Chiediamoci, ad esempio, che fine ha fatto tutto il materiale esplosivo, e non solo, inutilizzato al termine del conflitto».
Quali sono le zone del Paese più a rischio?
«Il Nord Est, in cui si sono combattute due Guerre Mondiali, ma ogni luogo della Penisola comporta un considerevole rischio d’imbattersi in residuati bellici».
Qual è il livello di pericolosità nel centro Italia?
«Sicuramente è da codice rosso. Le faccio qualche esempio per comprendere meglio: il 14 febbraio 2007 a Cisterna di Latina alcuni operai che stanno scaricando un camion di pozzolana vedono rotolare una bomba d’aereo. L’8 ottobre 2007 a Piombino, in località spiaggia Lunga viene fatto brillare, a circa 500 metri dalla costa un ordigno rinvenuto il 20 settembre. Dieci giorni dopo, a Subbiano, in provincia di Arezzo, per una strana coincidenza semplici escursionisti e agenti del Corpo Forestale ritrovano quasi contemporaneamente più di 40 ordigni. Il 9 novembre dello stesso anno, a Ceccano, nel corso di lavori edili, operai addetti al cantiere rinvengono un ordigno bellico. E la lista potrebbe essere lunghissima».
Qual è il livello di pericolosità di questi ordigni?
«Ogni residuato bellico è pericolosissimo e non deve essere toccato.
Un rinvenimento occasionale deve essere subito denunciato alle autorità competenti di zona. Questi manufatti bellici hanno ucciso a Reggio Calabria, San Donà di Piave, Crocetta del Montello, San Lazzaro di Savena ed Asiago. A conferma che i residuati bellici non sono semplici pezzi di ferro, ma congegni in grado di portare a termine la propria missione di morte».
Spesso il ritrovamento di questi ordigni inesplosi provoca disagi alla popolazione dell’area interessata. Cosa può essere fatto a livello di prevenzione per diminuire disagi e rischi?
«Naturalmente un rinvenimento occasionale crea disagi improvvisi mentre una bonifica sistematica pianifica già in anticipo ogni procedura».
C’è attenzione alla questione da parte delle istituzioni?
«C’è un grande lavoro da parte delle istituzioni militari per mezzo delle sezioni Bcm di Napoli e Padova, e dei vari Reparti Genio Eod, che sono costantemente in missione per lo smaltimento dei residuati bellici».
Cosa potrebbe essere fatto in più?
«Tanta informazione, far capire a tutti che la bonifica sistematica evita emergenze costosissime e che nessuna bomba è mai stata concepita biodegradabile».
Lei porta avanti da anni una “battaglia” per divulgare questo tipo di contenuti spesso in secondo piano. Perché?
«Perché il lettore o l’utente radiotelevisivo sono attratti da altre priorità e non ci si rende conto di quale sia il livello di pericolo derivante dai residuati bellici. Ma io non mollo».
Intervista a cura di David Barbetti
Articolo estratto da “Hermes: Corriere Nazionale del 23/04/2010”
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«Qui gli Alleati bombardarono per nove mesi»
PERUGIA «Dall’agosto del 1943 al giugno del 1944, in Umbria, i bombardamenti degli Alleati colpirono soprattutto le vie di comunicazione, dunque strade, linee ferroviarie e ponti, che i tedeschi utilizzavano per rifornire la linea Gustav, che univa le coste tirreniche a quelle adriatiche, spezzando in due l’Italia. Non è strano, dunque, che i maggiori ritrovamenti di residuati bellici vengano effettuati nell’orvietano o nelle altre aree della regione dove c’erano obiettivi sensibili». Lo spiega Angelo Bitti, professore di Lettere e autore del libro “Distruzioni belliche e ricostruzione economica in Umbria 1943-1948”: «Ad essere interessate dal fuoco alleato prosegue Bitti furono in particolar modo la tratta ferroviaria RomaAncona e quella Roma-Firenze, con le stazioni di Fossato di Vico, Orte e Orvieto che subirono pesanti bombardamenti. Fu colpita anche la zona di Allerona, sempre nell’orvietano, dove in effetti negli ultimi anni sono venuti alla luce diversi ordigni inesplosi. Altri obiettivi sensibili che finirono nel mirino degli Alleati furono an che le acciaierie di Terni, le fornaci di Marsciano, alcune industrie della Valnerina e i ponti, come a Ponte San Giovanni, alle porte di Perugia, per evitare gli spostamenti delle truppe tedesche».
A cura di David Barbetti – Articolo estratto da “Hermes: Corriere Nazionale del 23/04/2010”
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Centinaia gli interventi dell’esercito
Il tenente La Cognata, del Genio Pionieri: «L’anno scorso sono stati 400» A gennaio per un ordigno d’aereo fu chiuso un tratto dell’autostrada A1
ROMA A confermare il numero piuttosto elevato di ritrovamenti di residuati bellici nel Centro Italia c’è anche il dato che riguarda gli interventi effettuati ogni anno dal Genio Pionieri di Roma: «Nel 2009 sono stati circa 400 quelli che abbiamo effettuato nella nostra zona di competenza spiega Diego La Cognata, tenente del VI Reggimento del Genio Pionieri di Roma, chiamato ad intervenire nel caso di ritrovamenti in Umbria, nel Lazio ad esclusione della provincia di Latina, e nelle province abruzzesi di Teramo e de L’Aquila – ed è un dato che non si discosta di molto da quelli degli anni passati. Nella sola Umbria, nel 2009, ci sono stati circa 50 ritrovamenti». «Di questi prosegue la maggior parte riguardano proiettili di artiglieria, come le bombe da mortaio, che spesso vengono trovate a gruppi, mentre cinque o sei hanno riguardato bombe d’aereo, per le quali il procedimento di disinnesco e brillamento è più complesso. In questi casi è necessario un tavolo preliminare con le diverse autorità coinvolte, come Prefettura, forze dell’ordine, enti locali, Protezione Civile». L’Italia centrale è una delle zone del Paese in cui è più facile imbattersi in ritrovamenti di questo genere: «Ci sono aree in cui è più probabile rinvenire ordigni inesplosi, come quella della provincia di Frosinone, e in particolare Cassino, teatro durante la guerra di molti bombardamenti. Ma anche quella di Roma o quella dell’orvietano: in quest’ultima, per l’intervento che abbiamo effettuato a gennaio si è resa necessaria la chiusura temporanea di un tratto dell’autostrada A1 tra il casello di Orte e quello di Valdichiana per effettuare le nostre operazioni».
A cura di David Barbetti – Articolo estratto da “Hermes: Corriere Nazionale del 23/04/2010”
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