20/06/2016 Pakistan, Mohmand Agency, Ghalanai
Arif Khan, 18, Noor Ullah, 10, suo fratello Abdullah, 11 anni, giocano in località Baizai tehsil ad Atmar Khel. Si, è possibile giocare anche in zone dove il terrore regola e scandisce le giornate dei residenti. In realtà non è possibile stabilire circostanze, pensieri dei giovani, aspirazioni personali. Ciò che esponenzialmente proietta il dramma oltre ogni soglia, è l’azione dei ragazzi: stavano giocando e chi gioca in quei luoghi, è persona positivamente aperta, vogliosa di “allargare” la propria vita, i propri desideri. I tre si divertono, Arif , il più grande, scherza con Noor ed Abdullah, magari si spintonano, cadono, ridono, ad un tratto il buio, il silenzio avvolge i tre ragazzi, che tuttavia avvertono potenti sensazioni di dolore ad arti, tronco, viso. Causa di tutto ciò l’esplosione di una mina involontariamente pressata. Il boato, il solito, è udito dai residenti che accorrono per soccorrere i ragazzi che vengono trasportati con gravissimi traumi presso l’ospedale di Peshawar. Arif, Noor, Abdullah forse si salveranno, ma non saranno più fisicamente gli stessi, per giocare dovranno trovare altre soluzioni, non potranno più vedere ed ascoltare nessuno, e non potranno più correre tra campi e stradine, il terrore oggi li ha colpiti, ma i tre se riusciranno a salvarsi continueranno a sognare, certo sogni diversi, ma la mente è libera di condurre i nostri pensieri là dove inspiegabilmente sogno e realtà diventano indistinguibili, al contrario a noi europei il rimorso di non aver fatto di tutto per salvare il futuro di Arif, Noor ed Abdullah .
Giovanni Lafirenze
Foto: newint.org