02/04/2016 Siria, Madaya
Terminati gli studi in una struttura scolastica già lesionata dai bombardamenti, tre scolaretti, mentre rientrano a casa, sul percorso notano una lattina, la raccolgono. In Siria, bambini o adulti non possono che raccattare, calcinacci o materiale bellico. I bimbi nati tra bombe, lutti e rovine, da quel miraggio-lattina non percepiscono il messaggio di morte che trasmette, come potrebbero ? La subdola lattina è una mina-trappola. L’ordigno esplode, proietta sui corpi dei bimbi numerose, incandescenti schegge che penetrano nei corpi delle tre piccole vittime. A questo punto dovrebbero intervenire i soccorsi, così non è. A Madaya regna il “caos” e il “caos” non permette soccorsi d’alcun genere. L’Onu invia medici e medicine, aiuti sanitari e volontari, ma il “caos” non consente di prestare soccorso a nessuno. I bambini sono stesi al suolo tra il loro stesso sangue, non riescono a proferire parola, desidererebbero aiuto, vorrebbero, urlare al mondo in guerra il desiderio di morire dignitosamente, in un letto d’ospedale tra le carezze dei genitori. In città c’è il Dr. Mohammad, è un veterinario, ma ha già da tempo, imparato ad estrarre schegge dai corpi umani, raccoglie i tre bimbi ormai esangui, vorrebbe portarli all’ospedale di Damasco, ma si rende conto che non arriverebbero vivi perciò li trasporta al campo medico che tenta di gestire, nonostante le pressioni ostili che quotidianamente riceve. Raggiungere l’ospedale non è semplice, Mohammad deve superare posti di blocco, campi minati. Gli studentelli feriti, lentamente respirano. Ali Othman Dalati, 6 anni, Mohamad Wassim Dalati, 7 anni il compagno di classe Yusef Muhammad Ammar coetaneo di Mohamad. Nel contempo i famigliari delle tre vittime in cura dal veterinario tentano di organizzare il trasposto dei bimbi in altro luogo, ma il “caos” è sordo, per lui aiutare i tre bambini non è politicamente corretto, si potrebbero incrinare solidità politiche delle fazioni in gioco. Detto fatto, il Dr. Mohammad non compie il miracolo sperato, i tre ragazzini muoiono in nome della guerra e della pace.
Giovanni Lafirenze
Foto: giannidelpapa.com