Ricordate il disastroso pezzo del 2 aprile dedicato Najwa e Yahya le due bimbe di 7 e 6 anni dilaniate dall’esplosione di un residuato bellico a Darfur ? Le guerre le pretendono i potenti di turno, se a fine conflitto esteso o locale che sia, restano inesplosi ordigni in grado di uccidere i più indifesi che importa, ciò che davvero conta è la gloria del momento, la gioia d’aver chinato il nemico. A Darfur altre tre giovanissime vite sono colpite dall’esplosione di questi strumenti senza scampo. Strumenti studiati, progettati, realizzati, collaudati, venduti ed acquistati. Accade nella zona Korofala. Erano tre fratelli. Saleh, sette anni, Ibrahim, otto anni e Mousa dieci anni. I tre bambini trovano la piccola bomba, pensano chissà cosa, forse possono aver visto qualche adulto raccogliere quei strani oggetti, magari volevano dimostrare ai grandi d’essere dei bravi bambini o forse volevano solo giocare. Il padre dei ragazzi racconta d’aver visto i tre figli trascinare qualcosa legata ad una corda. Poi l’esplosione, il boato che travolge le tre giovini vite.
Giovanni Lafirenze
Campagna sensibilizzazione sul tema ordigni inesplosi promossa dall’ANVCG
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