Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

Tra di loro non si usa né «buona fortuna» né «in bocca al lupo»

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Tra di loro non si usa né «buona fortuna» né «in bocca al lupo». Il saluto benaugurante prima di mettersi al lavoro su un ordigno di quasi 230 chili è decisamente meno banale: «Buon divertimento». Da una parte l’adrenalina, dall’altra l’esperienza, 50 per cento coraggio e 50 per cento consapevolezza: gli artificieri sono stati gli attori principali della giornata di ieri. Mister bomba ha un nome e un cognome, Giuseppe Spataro, caporal maggiore capo scelto dell’ottavo (8°) reggimento guastatori. È lui a guidare il team di specialisti che ieri ha disarmato l’ordigno di via Ferraris a Porto Marghera. «Queste bombe d’aereo – spiega – hanno due organi sensibili, uno di naso e uno di coda. Con una pressione anteriore, quando la bomba cadeva, si chiudeva la spoletta che andava a colpire il detonatore facendo esplodere l’interno. Quella davanti è a percussione, quella dietro a percussione con massa battente». Come viene reso inoffensivo, quindi, un ordigno del genere? «Utilizziamo delle chiavi a razzo: si tratta di una morsa con due tubi venturi a cui applichiamo due cartucce elettriche. Li azioniamo a distanza e creiamo una rotazione che fa scattare le spolette legate a un elastico. In questo modo, noi possiamo lavorare a distanza e in sicurezza». C’è voluto un po’ meno del previsto. «Noi ci siamo presi circa tre ore perché dobbiamo rispettare dei tempi cadenzati in ogni fase. C’è bisogno, tra un passaggio e l’altro, di un periodo di saturazione, per non compromettere l’operazione. Una volta applicate le cartucce con le chiavi a razzo ci allontaniamo e andiamo in un’area sicura, protetta dalle schegge di un’eventuale detonazione». La bomba ieri era stata blindata in un fortino di sicurezza. «L’ordigno era a sei metri di profondità – continua Spataro – abbiamo realizzato dei lavori di protezione per contenere l’esplosione. L’ipotesi che qualcosa vada storto bisogna sempre metterla in preventivo». Per Spataro quella di ieri è stata la ventitreesima bomba disinnescata. La vera palestra, per quelli come lui, sono le missioni all’estero: dal Libano all’Afghanistan. «La bomba di Marghera è un ordigno regolamentare – prosegue – questo significa che abbiamo praticamente la carta d’identità di queste bombe. Ciò che troviamo all’estero è molto diverso, parliamo di ordigni improvvisati, legati alla fantasia dell’uomo». In quei casi, cioè, non esiste manuale d’istruzioni: ci si affida all’esperienza e alle conoscenze tecnico-scientifiche.

IN MARE

La scelta di far brillare in mare l’ordigno, però, ha sollevato qualche perplessità. «Si è presa questa decisione in base a calcoli di rischio ben precisi – aggiunge il comandante del reggimento, il colonnello Gianluca Dello Monaco – in questo modo è stato possibile ridurre al minimo l’impatto sulla popolazione, sull’attività industriale, sulla realtà veneziana in generale. Per di più è stato possibile limitare i raggi di sgombero e di intervento, rendendo l’intervento meno invasivo, anche perché permette di accorciare i tempi di sgombero dei residenti».

D.Tam.

Fonte: https://www.ilgazzettino.it/pay/primopiano_pay/il_personaggio_mestre_tra_di_loro_non_si_usa_ne_buona_fortuna-5025627.html

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