Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

Sull’ex aeroporto in pochi minuti vennero sganciate 104 mila tonnellate di esplosivo

Categories: Bonifica perché

di Roberto Luciani
«Bastava andare a pagina 163 del mio ultimo libro per capire che queste presenze, per quanto ingombranti e pericolose, non sono certo una sorpresa per Vicenza. Che poi quello che dicevo sia stato ignorato, anzi da qualcuno bollato quasi come una sorta di barzelletta, è un altro dato di fatto». Era già tutto previsto per lo storico Giuseppe Versolato, che ha reso disponibile la spettacolare foto di una “blockbuster” come quella trovata all’ex aeroporto. Era già tutto scritto nel libro “Bombardamenti aerei degli alleati nel Vicentino 1943-1945”. È la vecchia storia del profeta in patria, forse perché alla lunga stanca e non poco continuare a dover fare i conti con il proprio passato bellico, in uno stillicidio di ritrovamenti, provvedimenti e interventi degli artificieri, magari dopo una bella evacuazione.
IL BOMBARDAMENTO. Certo, a leggere il racconto di Versolato, ricavato da solidi documenti militari, non è detto che questo resterà l’ultimo caso. «Nella notte del 17 novembre 1944, i bombardieri inglesi lanciarono sul “Dal Molin” ben 104 mila tonnellate di bombe, tra cui 4 HC Cookie da 4.000 libbre ciascuna (1.814 kg), 4 Dem TI da 2.000 libbre (907 kg), 92 GPTD da 1.000 libbre (454 kg), 161 GP da 500 libbre (226 kg), 51 GP da 250 libbre (113 kg)». Una tempesta di esplosivo in appena 10 minuti, dalle 20.55 alle 21.05 e da una altezza variabile tra i 2.050 e i 3.050 metri. Ed il giorno seguente furono gli americani a fare il ripasso. Per non parlare poi del bombardamento di Natale. 
BASI NEL MIRINO. «Vicenza, come gli aeroporti di Aviano, Villafranca Veronese e Campoformido, erano stati individuati come basi dei caccia repubblichini e nazisti, le cui missioni ostacolavano non poco l’attività aerea degli anglo-americani. Di qui la decisione di una spedizione punitiva, per eliminarli e distruggere gli impianti». Così, un po’ per la legge dei grandi numeri, un po’ per il tipo di ordigni usati, obsoleti («quelli da 4 mila libre furono trasportati e lanciati da bimotori Wellington e nel vano uscivano per metà fuori»), non c’è da meravigliarsi che qualcuno non sia esploso. E neppure che queste “cellule dormienti” saltino fuori dal terreno del futuro Parco della Pace, rimasto in questi 69 anni comunque marginale rispetto all’intera area aeroportuale. «Se l’avessero lasciato così com’era? Se non era oggi sarebbe stato domani. Le cose cambiano, prima o poi sarebbe toccato anche a questa zona riconfrontarsi con quei giorni».
IL CORRIDOIO. Infine Versolato punta il dito anche su un altro aspetto: Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige erano i “corridoi” che riportavano al Reich, attraverso Brennero e Tarvisio. «Questo significa che bombe inesplose possono essere dappertutto, del resto a 100 anni di distanza ancora si trovano residuati sui fronti della Prima Guerra Mondiale».
Fonte:
http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Cronaca/587430_ecco_la_bomba/

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