Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

Ronchi dei Legionari dove Grundner propone una rassegna dei luoghi simbolo del conflitto mondiale

Categories: Testimonianze

di Luca Perrino

RONCHI DEI LEGIONARI. Quella appena aperta nella sala espositiva “Furio Lauri” dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari non è una “semplice” mostra fotografica. “Campi di battaglia della Grande Guerra”, questo il titolo della personale di Arnaldo Grundner proposta dal Consorzio culturale, non è solo una rassegna di immagini sui luoghi in cui si combattè la prima guerra mondiale. Esse sono un grido d’allarme sul futuro di queste testimonianze fatte di trincee, lapidi, iscrizioni, posti di comando e luoghi di medicazione. Che, se non preservati a dovere, rischiano di sparire per sempre.

«Nonostante il tempo passato ed il degrado in cui versano – spiega lo stesso autore – queste trincee continuano ad essere un libro di storia a cielo aperto. Di una storia non solo di battaglie e spostamenti di truppe, ma della vicenda umana di chi là dentro è stato costretto a sacrificare la propria gioventù e la propria vita, in quell’immenso massacro ch’è stata questa guerra. Ciò che potrebbe essere uno straordinario museo all’aperto a ricordo delle migliaia di caduti da ambo le parti – continua – sta purtroppo lentamente, inesorabilmente scomparendo. Ho fotografato questi campi di battaglia perché rimanga almeno la memoria dei luoghi. Perché restino almeno le immagini». Trincee diroccate, tunnel crollati, piccoli cimiteri di guerra dimenticati, è tutto ciò che oggi rimane delle fortificazioni che allora costituivano il fronte della Grande Guerra sulle pendici del Carso e lungo la valle dell’Isonzo. Le immagini di Grundner, rigorosamente in bianco e nero, ci riporano nei luoghi della memoria, lungo il Carso della bisiacaria e l’Isonzo, posti che anche facilmente si riescono a raggiungere a piedi e, spesso, sono meta di curiosi ed appassionati di storia. Di una guerra dove l’esercito austroungarico lasciò sul campo trecentomila morti e quello oitaliano seicentocinquantamila. Dove gli austriaci sperimentarono per la prima volta la nuova terribile arma del gas asfissiante che in poche ore, sulle pendici del monte San Michele, causò la morte di seimila soldati italiani. Dove, nelle inespugnabili gallerie del Sabotino, gli austriaci vennero arsi vivi. E dove si andava ancora all’assalto con la mazza ferrata, l’antica arma del Medioevo. Trincee dove ancora oggi stemmi di battaglione e graffiti parlano di chi tra quelle pietre è stato costretto a vivere, a combattere, a morire. Testimonianze dei tanti che hanno voluto lasciare quale segno del proprio passaggio almeno un nome graffiato nel cemento, inciso nella pietra. «Per dire che anche loro c’erano – continua Grundner – che anche loro sono esistiti. Nomi di soldati e di ufficiali, calligrafie elementari o elaborate, simboli di battaglione ma anche molti, tanti simboli di pace». La mostra, che potrà essere visitata sino al prossimo 8 marzo, si inquadra nel progetto “L’altra mobilitazione 14-18”, che gode del sostegno della Regione in occasione del centenario della prima guerra mondiale. «Oggi piccoli gruppi di appassionati di ogni luogo – sono le parole di Fabio Amodeo – cercano di tutelare il ricordo di quel sacrificio senza uguali. Al rancore si è sostituito il reciproco rispetto: è la lezione che l’Europa ha imparato da due guerre mondiali e dall’amara epoca dei totalitarismi»

Fonte: http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2016/02/12/news/grande-guerra-e-simboli-c-e-il-rischio-cancellazione-1.12948531

Foto: ilpiccolo.gelocal.it

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