Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

Reperti bellici in Adamello: guardare e non toccare!

Categories: Editoriali

Trento–Adamello

Tatiana Marras

A inizio settembre il ghiacciaio dell’Adamello è stato oggetto di una imponente opera di bonifica, che ha visto le Truppe Alpine impegnate nella ricerca, stoccaggio e trasporto a valle di oltre 200 ordigni. Un fenomeno, quello della comparsa di materiale bellico lungo i sentieri escursionistici dell’Adamello a fine estate, non certo nuovo, ma che sta aumentando in maniera significativa a causa del cambiamento climatico. Diventa pertanto essenziale istruire i frequentatori delle alte quote su cosa fare e non fare in caso di “incontro” con un reperto bellico. La Commissione Glaciologica SAT ha nei giorni scorsi colto l’occasione del ritrovamento di un proiettile nel corso di un sopralluogo per fornire qualche consiglio. “Nonostante le recenti bonifiche nella zona del ghiacciaio dell’Adamello è abbastanza frequente nel periodo autunnale di fine ablazione trovare sul proprio percorso reperti bellici – si legge sulla pagina Facebook della Commissione – . In questo caso, in un sopralluogo di pochi giorni fa verso la lingua del ghiacciaio del Mandrone abbiamo trovato un proiettile del famoso cannone di Cresta Croce il pezzo italiano chiamato anche 149. (Che è poi un diametro in mm). In questo caso si tratta di un proiettile non sparato perché l’anello alla base (la corona di forzamento, tipicamente in rame o piombo ed usata nei pezzi di artiglieria a canna rigata) è intatta e non rigata. Spesso i recuperanti nel dopoguerra asportavano dai proiettili questo anello come materiale di più alto valore. La spoletta mancante, sostituita da un tappo in legno non rende il pezzo meno pericoloso. Guardare, fotografare e non toccare anche se l’impressione è che sia tutto inerte.”

Cane che dorme non va svegliato

Potrebbero sembrare suggerimenti ovvi quelli forniti dalla Commissione Glaciologica SAT, ma l’alto numero di incidenti occorsi negli anni passati insegna che sia sempre bene ripeterli. Nel 2017, a seguito del decesso di un 35enne a Vezza d’Oglio, causato dallo scoppio di un residuato bellico (probabilmente un proiettile di artiglieria), recuperato in Adamello, il tenente Alessandro Salvatore Butano, del 10° Reggimento Genio Guastatori di Cremona, dichiarava come segue in una intervista rilasciata al quotidiano Bresciaoggi: “La maggior parte della gente pensa che il tempo abbia reso innocuo l’ordigno bellico, ma non è così. Anche chi apre i bossoli di fucile per staccare l’ogiva non considera che possono attivarsi. Gli ordigni devono essere gestiti da personale esperto, mai sottovalutare che sono come “un cane che dorme”: non vanno svegliati. Nonostante il riposo silente per anni, potrebbero essere perfettamente funzionanti. Anche – e soprattutto – se si tratta degli ordigni del conflitto ’15-18.” “A quei tempi tutto era sperimentale – aggiungeva in tale occasione il generale Romano Schiavi, comandante dell’ex Arsenale Militare di Brescia – , fino a pochi decenni prima si adoperava polvere nera. Si usavano prodotti che si sensibilizzavano nel tempo. Anche gli ordigni che sembrano scarichi sono pericolosi a causa di un detonatore secondario sensibile“. Il generale evidenziava anche la presenza sul campo di proiettili a caricamento chimico, come quelli ad acido picrico, in cui “l’esplosivo veniva caricato nel proiettile in una custodia per evitare la sensibilizzazione a contatto col metallo. Col tempo la custodia si corrode producendo dei sali per cui battendo dall’esterno esplode”. Altra categoria da non sottovalutare sono gli ordigni a doppia carica. “Erano fatti per sparare pallettoni dall’alto, poi l’ogiva arrivava a terra e detonava – spiegava Schiavi, concludendo che “tutti gli ordigni vanno considerati carichi. Bisognerebbe avere paura solo a toccarli.”

E cosa si fa allora?

In caso di avvistamento di un reperto bellico la prima cosa da fare è chiamare il Nue 112 per avvisare del ritrovamento, indicando la località (ove possibile fornendo coordinate GPS). E attendere quindi indicazioni. Una volta comunicata la posizione è bene non allontanarsi ma aspettare le squadre sul posto, a distanza di sicurezza dall’ordigno.

Fonte: https://www.montagna.tv/188635/reperti-bellici-in-adamello-guardare-e-non-toccare/

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