Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

La famiglia di Habib

Categories: Editoriali,ultime

Nel territorio di Sbeitla, città connessa al Governatorato di Kasserine (Tunisia) e più precisamente in località Mount Sammama, Habib, un mandriano è seduto ad un masso, osserva pascolare i suoi animali. È mattina, l’uomo appare pensieroso e triste, il luogo che vede è stato rifugio di terroristi algerini e tunisini. Ma il pastore non a caso, ogni giorno conduce la mandria su quel campo, infatti a fine ottobre i suoi figli Mohamed e Samir proprio su quella terra, mentre cooperano con i soldati tunisini in un’azione anti-terrorismo, vengono uccisi da una mina jihadista. Non solo Habib, ricorda Ines e Karima due compaesane uccise da un ordigno improvvisato mentre raccolgono verdura. Habib, guarda gli animali, si erige con l’intenzione raggiungere il gregge. Osserva i monti, la rarefatta vegetazione, le interminabili distese di terreni assolutamente incolti. Habib, al contrario decide di raggiungere il punto in cui ha posato una lapide a ricordo dei suoi ragazzi, i passi del pastore si susseguono uno dopo l’altro, la marcia dell’uomo diventa frenetica. Habib inizia a sudare, il cuore accelera il suo battito, i pensieri di Habib si intersecano di spiacevoli dolorosi ricordi, due anni che non riceve notizie della moglie e dei tre figli fuggiti chissà come, chissà dove. Habib corre in direzione della piccola lapide, alle sue spalle il gregge è sempre più lontano. All’improvviso un boato. Habib è investito dall’esplosione di una mina, non importa pensa, infatti raggiunge i suoi ragazzi, li guarda, li abbraccia. Habib è contraccambiato dai sorrisi di Mohamed e Samir. Habib si accomoda accanto ai figli, ad un tratto, da una impolverata stradina appaiono quattro sorridenti figure. Habib è felice, in quelle ombre riconosce i tre figli fuggiti e la moglie. La donna, i ragazzi indossano abiti inzuppati d’acqua e corrosi da sale marino, Habib sorride, dalla guancia scorrono due lacrime, china il capo, accarezza la bagnata chioma della moglie, allarga le braccia, si inginocchia, solleva lo sguardo in alto, infine disperato posa la testa al suolo, sembra pregare, lentamente, molto lentamente ogni immagine svanisce.

Habib’s family

In the territory of Sbeitla, city linked to the Governorship of Kasserine  (Tunisy) and more precisely in Mount Sammama, Habib, a cowhand, is sitting on a rock watching his animals graze. It is morning, he appears thoughtful and sad. He sees a place that was shelter for algerian and tunisian terrorists. But every day he conducts his herd exactly on that camp. His sons Mohamed and Samir were killed by a jihadist mine in that camp, while they were cooperating with tunisian troopers in an anti-terrorism act. Not only, Habib remembers Ines and Karima, two fellow countrywoman killed by an improvised mine, while they were gathering vegtables. Habib watches his animals, then stands up to reach the herd. He obeserves the mountains, the rarefied flora, the endless stretch of vacant lot. Habib, on the contrary he decides to reach the spot in which he put the graveyard for his sons. His steps follow the others, his march becomes frenetic. He starts sweating, his heart speeds up, his thoughts intertwines in painful memories, he have not received any news from his wife for two years by now. He has also lost other three sons, escaped away, who knows where. He runs towards the small grave, his herd is always more distant. Suddenly a roar. Habib is hit by a mine’s explosion, “it doesn’t matter” he thinks, now he can stay with his sons, he hugs them. They smile to him. He sits next to them, when, all of a sudden,  4 figures smiling appear from a dusty street. He recognizes his wife and his sons whom i believed to have lost for ever. They wear clothes completely wet and corroded by sea salt. On habib’s cheeck flows a tear, he bende his head, strokes his wife’s face, widens his arms, kneels, raises his glaze up and finally, desperate, lays his head on the ground. He seems to pray. Slowly every image disappears. S.J.A.L.

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