Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

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Ognuno recita il proprio ruolo, immerso in quella divina sensazione di devozione allo scopo comune: la realizzazione di un'opera d'arte, che anche la bonifica bellica sa idealizzare.

Arabia non più Felix #2 − Sana’a una Venezia sulla polvere

Categories: Editoriali

di Elena Franchi

La guerra in corso nello Yemen sta facendo precipitare la situazione sia sotto il punto di vista umanitario, come abbiamo visto in un precedente articolo, che della distruzione del patrimonio culturale.

È stato Pier Paolo Pasolini, nel 1971, ad attirare l’attenzione sulla bellezza, “unica ricchezza” dello Yemen, con Le mura di Sana, documentario in forma di appello all’Unesco per difendere la città di Sana’a dalla dilagante speculazione edilizia che aveva già devastato l’Italia: “Per l’Italia è finita, ma lo Yemen può essere ancora interamente salvato”. Nessun commento mentre si percorrono le vie della città, integra nel suo aspetto medievale: “La sua bellezza ha una forma di perfezione irreale, quasi eccessiva, ed esaltante. Benché su un registro infinitamente più rustico e popolare, essa è bella come Venezia, Urbino o Praga o Amsterdam.” E improvvisamente si passa a Orte, con una serie di sequenze aggiunte nel 1974 per documentare il profilo paesaggistico della città deturpato dalle nuove costruzioni. L’appello all’Unesco raggiunse il suo scopo nel 1986, quando la città vecchia di Sana’a venne dichiarata patrimonio dell’umanità. Eppure oggi la città sta subendo pesanti distruzioni a causa dei bombardamenti della coalizione araba. Potenti onde d’urto conseguenti alle esplosioni hanno gravemente danneggiato le particolari case-torri che caratterizzano la città, costruzioni generalmente destinate a una famiglia, i cui vari spazi sono riservati alle differenti attività. Pasolini ha lasciato anche dei commenti scritti sull’architettura dello Yemen, raccolti nel testo Corpi e luoghi a cura di M. Mancini e G. Perrella (Theorema, Roma 1981): “A differenza dell’architettura di tutto il mondo arabo, che è orizzontale – il divino orizzontale dei muretti di fango – che racchiudono il segreto delle case come un piccolo universo essenziale, rustico, religioso – lo stile yemenita è verticale: case di cinque, sei, sette piani (a Shibam, nell’Hadramout, ci sono addirittura delle specie di grattacieli), stretti uno all’altro lungo anguste strade, proprio come nelle città occidentali. Se l’idea di Venezia è nata in qualche punto dell’Oriente, questo punto è lo Yemen. Sana, la città più bella dello Yemen, è una piccola, selvaggia Venezia posata sulla lurida polvere del deserto tra giardini di palme e orzo, anziché sul mare” (pp. 32-33). Per parlare della situazione attuale dello Yemen incontriamo Cristina Muradore, progettista e mediatrice culturale dell’Istituto Veneto per i Beni Culturali.

D: Qual è la situazione del patrimonio storico-artistico dello Yemen sotto i bombardamenti?

R: Lo Yemen è un Paese di lunga tradizione, che ha saputo mantenere la propria identità, nonostante le molte vicissitudini della sua storia, e serbare nel tempo i beni architettonici e artistici di cui è ricco, unitamente alle tecniche originarie con cui realizzarli. L’attuale emergenza umanitaria che sconvolge da mesi il popolo yemenita sta procedendo però a deturparne significativamente la memoria storica, architettonica e culturale. I bombardamenti della coalizione saudita stanno infatti minando importantissimi simboli dell’identità culturale yemenita, quali ad esempio la cittadella di Ta’izz, la diga di Marib, il museo di iscrizioni sudarabiche di Dhamar, i siti di Sirwah e di Baraqish, tanti monumenti nei pressi di Aden e la città vecchia di Sana’a stessa, purtroppo danneggiata a più riprese. Questi avvenimenti, unitamente alle continue perdite umane, non possono trovare alcuna giustificazione. Colpire monumenti, siti archeologici, musei e luoghi di culto è un crimine subdolo, volto a cancellare le vestigia di un’identità culturale di cui tutta la popolazione è orgogliosa, considerata parte integrante del patrimonio dell’umanità e protetta da numerosi trattati internazionali.

D: Quali sono attualmente le priorità nella tutela del patrimonio culturale dello Yemen?

R: Non appena sarà possibile, si auspica che le azioni di intervento umanitario possano essere affiancate da operazioni di emergenza che riguarderanno principalmente la messa in sicurezza di edifici storici, monumenti e abitazioni a rischio di crollo.

D: Qual è l’attività dell’Istituto Veneto per i Beni Culturali nello Yemen?

R: L’Istituto Veneto per i Beni Culturali è impegnato dal 2006 nello Yemen per il restauro e la salvaguardia di due importanti monumenti del paese, la Grande Moschea di Sana’a e la moschea-madrasa al–Ashrafiyya di Ta’izz. In questi anni di lavoro l’Istituto è stato sostenuto dal Social Fund for Development, partner e committente attento per il quale ha attivato corsi di formazione per giovani yemeniti nel settore del restauro e della conservazione dei manufatti artistici. Queste attività educative hanno portato alla crescita professionale di più di cento giovani, i quali sono stati parallelamente impiegati presso i due cantieri di restauro e costituiscono una preziosa risorsa per le future iniziative legate alla salvaguardia dei beni artistici del paese. Il restauro della moschea-madrasa al-Ashrafiyya di Ta’izz si è concluso nell’ottobre 2014, e questo importante luogo di culto è stato restituito alla comunità con un’inaugurazione ufficiale il 20 gennaio 2015 alla presenza delle autorità locali. Parallelamente a queste iniziative, l’Istituto Veneto ha maturato la consapevolezza che lo Yemen necessita di una presenza stabile che si occupi tanto di educazione alla conservazione, quanto di valorizzazione e promozione dei beni storico-artistici del paese. È stata dunque elaborata la proposta per la creazione del Centro Italo-Yemenita per la Conservazione del Patrimonio Culturale, che è stata accolta positivamente dal Ministero alla Cultura dello Yemen, il quale ha concesso uno spazio per attrezzare la sede del Centro presso il palazzo Dar al-Hamd a Sana’a. Il Centro è stato formalmente inaugurato il 14 settembre 2014 alla presenza del Ministro della Cultura, dei rappresentati delle istituzioni yemenite operative nel settore culturale (Social Fund for Development, General Organization for the Preservation of Historic Cities in Yemen, General Organization for the Antiquities Museums and Manuscripts) e del Resident Representative delle Nazioni Unite. Tuttavia, a causa del grave conflitto in corso, non è ancora effettivamente operativo.

D: Come hanno influito questi mesi di guerra sui progetti dell’Istituto?

R: La crisi ha purtroppo portato alla sospensione di tutte le attività dell’Istituto, bloccando sul nascere le iniziative di sensibilizzazione e valorizzazione del patrimonio culturale che come Centro Italo-Yemenita avevamo intenzione di promuovere. In più ha ostacolato il lancio di un altro importante progetto di restauro nella città di Ta’izz. A Sana’a, la squadra yemenita è riuscita a portare avanti i lavori per qualche mese dopo la partenza del team italiano a fine gennaio, ma con l’approcciarsi del Ramadan il cantiere ha subito una progressiva interruzione. Con l’intensificarsi del conflitto i lavori sono andati interrompendosi, nonostante la volontà del Social Fund for Development e dell’Istituto di dar continuità al progetto. Nel suo documentario, Pasolini chiedeva all’Unesco di aiutare lo Yemen a salvarsi dalla distruzione, cominciata dalle mura di Sana’a. “Ci rivolgiamo all’Unesco perché aiuti lo Yemen ad avere coscienza della sua identità e del paese prezioso che esso è. Ci rivolgiamo all’Unesco perché contribuisca a fermare una miseranda speculazione in un paese in cui nessuno la denuncia. Ci rivolgiamo all’Unesco perché trovi la possibilità di dare a questa nuova nazione la coscienza di essere un bene comune dell’umanità.” Ripercorriamo oggi, accompagnati dalle parole del poeta yemenita Abdulaziz Al Maqaleh, nel video di Abdurahman Hussain, The Melody of Our Alienation, le stesse vie. Sana’a ha ancora bisogno di aiuto.

Fonte: laricerca.loescher.it

articolo 1 novembre 2015

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